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Alex Boettcher il “vero architetto” delle aggressioni con l’acido: le motivazioni della Cassazione

Nelle motivazioni dei giudici della Corte di Cassazione sono spiegati tutti i motivi che hanno spinto i magistrati della quinta sezione penale a confermare la condanna a 14 anni di reclusione all’ex fidanzato di Martina Levato.
A cura di Enrico Tata
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Alexander Boettcher
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Alex Boettcher è il "vero architetto" dell'aggressione con l'acido a Pietro Barbini. Nelle motivazioni dei giudici della Corte di Cassazione sono spiegati tutti i motivi che hanno spinto i magistrati della quinta sezione penale a confermare la condanna a 14 anni di reclusione all'ex fidanzato di Martina Levato. Boettcher è stato "ideatore" e "compartecipe" dell'aggressione, pur messa in atto materialmente dalla Levato, ex compagna di scuola della vittima.

Secondo i giudici, pur "avendo ideato l’esecuzione dell’efferato crimine come (inspiegabile, è il caso di sottolinearlo) momento di espiazione e di purificazione della donna con la quale aveva deciso di condividere la vita, Boettcher si ritaglia, nella fase esecutiva, un ruolo più defilato, lasciando che sia Levato ad aggredire Barbini attraverso il concordato lancio dell’acido, ma incitando all’azione la donna (che si trovava subito avanti a lui nel momento dell’aggressione) e inseguendo la vittima con un martello proprio al fine di neutralizzato e di evitare che lo stesso potesse chiedere aiuto". Tra l'altro, secondo la Corte, l'imputato non riuscì ad eseguire personalmente l'aggressione  avvenuta il 28 dicembre del 2014 "solo perché neutralizzato, prima, da Barbini stesso che, nonostante le conseguenze dell’aggressione, riuscì ad atterrare Boettcher con una manovra difensiva e, poi, dall’intervento della polizia che lo arrestò".

Per la stessa aggression Martina Levato è stata condannata a 12 anni di carcere, con uno sconto di pena in appello. Al contrario di Boettcher ha scelto di non presentare ricorso in Cassazione. Loro figlio è nato nell’agosto 2015 quando entrambi si trovavano già in carcere. Secondo la procura generale della Cassazione dovrebbe essere affidato ai nonni materni.

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