A Castelbelforte, paese amministrato dalla Lega, i residenti bloccano il rimpatrio di un immigrato

In un paesino del Mantovano amministrato dalla Lega è accaduto che, grazie alla mobilitazione dei residenti, sia stato bloccato il rimpatrio di un immigrato. È una storia in controtendenza – in questi tempi caratterizzati purtroppo da diffidenza se non odio verso gli stranieri – quella che arriva da Castelbelforte, piccolo centro di circa 3.200 abitanti. Tra loro, da circa cinque anni, c'è anche il 40enne Marcel Fassar Ndiaye, senegalese. L'uomo, in Italia senza permesso di soggiorno, sarebbe dovuto rientrare in patria il prossimo 31 luglio. Ma l'affetto dei suoi compaesani e l'assistenza di un avvocato hanno permesso di bloccare il rimpatrio. Marcel è ormai considerato parte integrante della comunità di Castelbelforte: è ospitato dal parroco don Alberto Ancellotti, collabora con la Caritas e altre associazioni di volontariato e aiuta nell'allestimento delle sagre di paese e con altri lavoretti i residenti del paese. Anche per questo, quando si è saputo che il 31 luglio Marcel rischiava di tornare nel suo Paese, tutta Castelbelforte si è mobilitata per trattenerlo, incluso il sindaco Massimiliano Gazzani, militante leghista di lungo corso.
In concreto, per annullare la procedura di rimpatrio volontario il parroco di Castelbelforte e alcuni cittadini hanno organizzato una raccolta firme: al raggiungimento delle 500 adesioni la lista è stata presentata al prefetto di Mantova, che ha bloccato l'iter per il rimpatrio. Per regolarizzare la sua posizione di clandestino, invece, oggi in questura sarà depositata la domanda per il rilascio del permesso di soggiorno (per motivi umanitari o lavorativi) e tra 60 giorni Marcel potrà essere regolarmente assunto. Le offerte a quanto pare non mancano: "Ha già molte offerte di lavoro da parte di persone di Castelbelforte che lo conoscono bene e non vedono l’ora di dargli una possibilità. Siamo tutti molto soddisfatti", ha spiegato al quotidiano "La Repubblica" l'avvocato che segue la vicenda, Nunzia Zeida Vitale. Fondamentale, in tutta la vicenda, l'attaccamento che il 40enne sente per la comunità in cui vive ormai da un lustro: "Qui mi trovo bene e mi sento a casa – ha detto l'uomo al "Corriere della sera" – Da subito l’accoglienza è stata ottima e la solidarietà da parte di tutti mi rende orgoglioso".