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Covid 19

A Bergamo “troppo malati lasciati a casa”, medici di base: “Almeno 100mila i contagi da coronavirus”

Casi sommersi e mancata assistenza sanitaria sul territorio: è questa la denuncia che arriva dai medici di base a Bergamo che parlano di numeri altissimi in città, quasi 100mila casi su 1 milione di abitanti. “I medici non riescono ad assistere i pazienti a casa spesso in condizioni gravi che non vanno in ospedale perché non c’è posto”, spiega Mirko Tassinari, segretario dei medici di famiglia in provincia di Bergamo.
A cura di Chiara Ammendola
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Anche Bergamo come le altre province della Lombardia rischia di crollare sotto il peso dei casi sommersi, quei malati che non giungono in ospedale ma restano a casa e vengono assistiti dai medici di base: nessun tampone, nessuna certezza di un contagio da coronavirus, e tante difficoltà nel curarsi e nel non contagiare i famigliari. I casi sarebbero oltre 100mila in città su 1 milione di abitanti. Ma perché le persone non si recano in ospedale? Come spiegato a Fanpage.it anche da Paola Pedrini, segretario generali Fimmg, anche a Bergamo il problema è quello della mancanza di posti nelle strutture sanitarie, come spiega Mirko Tassinari, segretario dei medici di famiglia in provincia di Bergamo.

Nessuna assistenza sul territorio: così la sanità ha fallito

"Talvolta non si ricovera più nemmeno con 85 di saturazione. Gestiamo a domicilio situazioni che due mesi fa avremmo ricoverato alla velocità della luce. Altrimenti non avremmo 1.200 pazienti in ossigenoterapia domiciliare", spiega il medico che punta il dito contro la mancata assistenza sanitaria sul territorio. Gli sforzi si sarebbero concentrati tutti sugli ospedali e sui posti in terapia intensiva lasciando nell'assistenza domiciliare grosse lacune: "A casa non c'è la stessa assistenza che in ospedale dove si hanno maggiori possibilità di essere curati – continua Tassinari – e ora mi ritrovo a curare telefonicamente almeno 100 pazienti su un totale di 1500 registrati da noi medici a Bergamo: di questi almeno dieci hanno una polmonite e sono a casa".

Una bombola di ossigeno dura in media 12-24, dopo chi le cambia?

Il calo dei ricoveri annunciato a gran voce durante le ultime conferenze stampa da parte della regione Lombardia che comunica quotidianamente il numero dei contagi, non sarebbe un buon segnale: i malati a Bergamo ci sono e chiedono quotidianamente assistenza domiciliare che spesso non ricevono a causa della mancanza di personale anche di organizzazione. Tassinari riporta l'esempio delle bombole di ossigeno e dei saturimetri: le prime vanno cambiate dopo un tot di ore e capita che per molti pazienti non sia l'Asl a occuparsene ma i famigliari costretti a chiedere a farmacie o altrove assistenza. I saturimetri invece sono introvabili: servono a misurare il livello di ossigeno presente nel sangue e le persone sono costrette a comprarli online o a farseli prestare: "Non è più un sistema sanitario universalistico e uguale per tutti".

Su 600 medici di base a Bergamo in 145 sono malati: cinque sono morti

E a pagarne le spese sono sia i medici che i pazienti, i primi costretti a lavorare in prima linea spesso senza protezioni adeguate e i secondi costretti a cure insufficienti nonostante la gravità delle proprie patologie: "In questi giorni i medici di base lombardi ricevono 500 mila telefonate al giorno. Lavorano dodici ore al giorno, sabato e domenica compresi", conclude Tassinari che è stato tra i primi medici ad ammalarsi di coronavirus. Ora è guarito ma molti dei suoi colleghi non sono stati così fortunati, sono 145 i dottori di base positivi al Covid-19 su 600, di questi cinque sono morti: "Non sono stati fatti i tamponi a tutto il personale sanitario e molti di noi hanno l'impressione di aver contribuito alla diffusione del virus, da asintomatici – ha spiegato – non avrei mai pensato di dover aggiornare una lista di colleghi morti. Mandati a morire sul lavoro. È una strage di Stato".

Inizia la sperimentazione delle Usca, Unità speciale di continuità assistenziale

Le Asl di riferimento hanno dato vita alle Usca, Unità speciale di continuità assistenziale, che agiscono sul territorio per visitare e assistere le persone che hanno sintomi da coronavirus: a Bergamo e provincia al momento sono sei e per ora sono operative a Dalmine, Bergamo, Albino, Zogno, Grumello, Treviglio. A guidarle negli spostamenti sono proprio i medici di base che segnalano eventuali casi da attenzionare, e così i medici delle unità assistono i pazienti, portano loro medicinali e monitorano la situazione. Se i pazienti sono gravi vengono inviati in ospedale tramite le ambulanze della Croce Rossa, altrimenti, ai pazienti con sintomi meno vengono somministrati ossigeno e medicinali.

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