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Uomo colpito con una mattonella a Milano, l’aggressore: “Mi insultava, doveva morire”

Hicham Hamdan, il 26enne che ieri a Milano ha colpito con una mattonella in testa il 65enne Salvatore Milici, soffriva di problemi psichici e temeva che qualcuno volesse ucciderlo. Dopo aver aggredito il 65enne, suo vicino di casa, ha detto a uno dei suoi fratelli: “Quello lì doveva morire, mi insultava”. Milici adesso lotta tra la vita e la morte.
A cura di Francesco Loiacono
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Il luogo dell'agguato (LaPresse)
Il luogo dell'agguato (LaPresse)

All'indomani del tragico agguato che potrebbe costare la vita al 65enne Salvatore Milici, colpito in testa con una mattonella dal 26enne Hicham Hamdan, emergono ulteriori dettagli sull'aggressore. A riportarli è il cronista del "Corriere della sera" Cesare Giuzzi, che ha ascoltato due dei fratelli del ragazzo marocchino, che vivono con lui e altri due familiari in un piccolo appartamento in via Palmieri, a Milano, nel quartiere Stadera.

L'aggressore soffriva di problemi psichici

Dai racconti dei familiari emerge, come si era già ipotizzato in un primo momento, il ritratto di un ragazzo con gravi problemi psichici: una sorta di sindrome paranoica che lo faceva sentire in pericolo e che, il giorno prima dell'aggressione, si era indirizzata verso il vicino di casa, Salvatore, che però non avrebbe fatto nulla per alimentare le fobie del ragazzo: "Io e Hicham eravamo in strada – ha raccontato Simo, uno dei fratelli, al Corsera – Ho visto che lui fissava quell’uomo, lo guardava con insistenza. Ma Salvatore non diceva una parola, era tranquillo. Non so cosa sia passato per la testa a mio fratello. Ma adesso gli bastava uno sguardo per scattare. Noi avevamo paura che si potesse fare del male".

La vittima lotta tra la vita e la morte

Il male, invece, lo ha fatto al 65enne Salvatore Milici, che adesso lotta tra la vita e la morte al Policlinico di Milano, dove è stato sottoposto a una lunga operazione chirurgica. L'uomo, con qualche piccolo precedente e dal carattere a quanto pare difficile, è stato aggredito all'improvviso ieri mattina dal 26enne Hicham, che lo ha atteso come in un agguato: "Eravamo qui fuori di casa, sul marciapiedi opposto rispetto al portone del palazzo, dove stavamo sempre – ha detto il fratello minore – Non lo lasciavamo mai solo. Mi ha detto: ‘Vado a comprare le sigarette'. Fumava un pacchetto in meno di tre ore. Da cinque giorni aveva smesso completamente di ragionare. Diceva che la mafia voleva ucciderlo, ma nessuno ce l’aveva con lui. Io l’ho seguito, non mi fidavo. Ero a una cinquantina di metri, l’ho visto che si piegava a raccogliere quei due pezzi di piastrelle, poi è sparito dietro l’angolo. Non ho fatto in tempo a fermarlo".

L'aggressore: Mi insultava, doveva morire

Quando è rientrato nella sua abitazione, lì dove i carabinieri lo hanno poi arrestato mentre cercava di lavarsi via il sangue, Hicham avrebbe detto a uno dei suoi fratelli: "Quello lì doveva morire". Successivamente, in caserma, il ragazzo avrebbe detto ai carabinieri: "Era qualche giorno che mi prendeva per il c…". La famiglia del ragazzo sarebbe dovuta partire per il Marocco oggi. Le condizioni di salute di Hicham, un passato da operaio ma senza lavoro da un mese e mezzo, secondo i suoi famigliari nell'ultimo periodo erano peggiorate. Due settimane fa era stato portato dalla madre e dal fratello all'ospedale San Paolo, dove i medici gli avevano somministrato potenti psicofarmaci. Poi era finito in cura anche presso il Centro psico-sociale di via Conca del Naviglio, dove a quanto pare gli avevano somministrato una pastiglia da prendere una volta al giorno, che però negli ultimi giorni aveva smesso di assumere. La sera di Ferragosto, il giorno prima dell'aggressione, Hicham era sparito da casa. Quando era tornato, dopo ore, si era steso vestito e con le scarpe sul pavimento della cucina. Da giorni, inoltre, il ragazzo non dormiva. Tutti comportamenti anomali a cui forse si sarebbe dovuto e potuto dare maggior peso.

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