Palazzo esploso a Milano: la madre delle bimbe scoprì la fuga di gas ma non riuscì a salvarsi
Micaela Masella, la donna di 43 anni morta nell'esplosione della palazzina in via Brioschi 65 a Milano, si accorse della fuga di gas ma non riuscì a salvarsi. È lo scenario, ancora più drammatico rispetto a quello iniziale, ipotizzato dagli inquirenti che indagano sullo scoppio dello scorso 12 giugno, costato la vita anche ai giovani fidanzati Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi. Secondo quanto emerso Micaela, che abitava nell'appartamento dove avvenne l'esplosione assieme all'ormai ex compagno Giuseppe Pellicanò e alle loro bimbe di 7 e 11 anni, la mattina del 12 giugno si accorse della fuga di gas e riuscì a chiudere la valvola del rubinetto del metano. Poi, però, non riuscì a evitare che un innesco – ancora non individuato – causasse la fortissima deflagrazione che ha messo fine alla vita di tre persone e ha causato ferite gravi alle due bambine e a Pellicanò.
Proprio su quest'ultimo, da giorni, grava un'accusa tremenda: quella di aver causato di proposito l'esplosione, manomettendo il tubo del gas. Il motivo sarebbe l'ormai imminente separazione tra Pellicanò, 51enne titolare di un'agenzia di pubblicità, e Micaela. La donna da anni frequentava un nuovo compagno, con il quale si sarebbe trasferita a breve in un nuovo appartamento, sempre in via Brisochi. Pellicanò avrebbe scoperto l'imminente abbandono della moglie da alcune mail: l'uomo, secondo quanto emerso dall'inchiesta fino a questo momento, era in cura per problemi di depressione. Pellicano è al momento ricoverato all'ospedale Niguarda di Milano assieme alle due due figlie: è formalmente indagato per strage.
L'ultima ricostruzione degli inquirenti su quanto accaduto lo scorso 12 giugno nella periferia sud di Milano deve ancora essere avvalorata da accertamenti tecnici. Altri accertamenti, quelli irripetibili che hanno portato all'avviso di garanzia per Pellicanò, saranno svolti a partire dal prossimo primo luglio. Si cercheranno impronte digitali e tracce biologiche sul tubo dell'impianto del gas collegato alla cucina. È il dettaglio fondamentale dell'intera inchiesta: un flessibile stranamente non "strappato" dalla violenta esplosione. Secondo gli inquirenti Pellicanò lo avrebbe manomesso, forse già qualche giorno prima della tragica domenica, quando nell'appartamento dei Pellicanò si verificò un picco nel consumo di gas simile a quello del giorno della strage. i consulenti delle diverse parti avranno due mesi di tempo per completare i propri rilievi.