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Mantovani a processo: “Agito in buona fede, Maroni mi rinomini assessore se ha coraggio”

Prima udienza del processo a Mario Mantovani. L’ex vicepresidente della Lombardia, arrestato lo scorso ottobre e poi tornato in libertà per un vizio di forma, è imputato a Milano per corruzione, concussione e turbativa d’asta. Al termine dell’udienza si è detto fiducioso: “Sono convinto di aver agito in buona fede”.
A cura di Francesco Loiacono
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Mario Mantovani si presenta da uomo libero (per un vizio di forma) alla prima udienza del processo con rito immediato a suo carico. L'ex vicepresidente e assessore alla Sanità della Regione Lombardia, travolto da uno scandalo giudiziario e arrestato lo scorso ottobre, è imputato a Milano con le accuse di corruzione, concussione e turbativa d'asta. Per tutta la durata dell'udienza è rimasto seduto accanto ai suoi legali Roberto Lassini e Guido Calvi, mentre dietro i lui erano seduti numerosi amici e sostenitori. All'uscita dal tribunale ha però rilasciato alcune dichiarazioni ai cronisti: "Sono convinto di aver agito in buona fede", ha affermato, lanciando poi una sorta di sfida a Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia che si è costituita parte civile al processo: "Sono pronto a tornare a fare l'assessore visto che mi hanno sottratto questa carica. Se Roberto Maroni ha coraggio lo fa, perché sono assolutamente innocente".

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Per provare l'innocenza di Mantovani, però, non basteranno né le sue parole né il sito internet "Mantovani onesto" che alcuni sostenitori dell'ex Senatore di Forza Italia avevano creato subito dopo il suo arresto. Lo dovranno decidere i giudici, chiamati a valutare le accuse mosse a suo carico dal pubblico ministero Giovanni Polizzi. Quelle per turbativa d'asta riguardano alcune gare d'appalto che sarebbero state pilotate da Mantovani abusando del suo ruolo istituzionale: tra queste anche una da 11 milioni di euro per la gestione del servizio trasporto dei pazienti dializzati. La concussione riguarda invece presunte pressioni sui vertici del Provveditorato Interregionale alle Opere pubbliche per la Lombardia e la Liguria per far riottenere il posto a un suo fedelissimo, Angelo Bianchi, anche lui arrestato lo scorso ottobre. L'accusa più grave è quella per corruzione: riguarderebbe incarichi in appalti pubblici regionali fatti ottenere da Mantovani al suo architetto di fiducia, Gianluca Parotti, in cambio di lavori in immobili riconducibili all'ex vicepresidente lombardo e a suoi familiari.

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