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Mal di testa, vertigini e nausea per il telefonino: in Lombardia 300mila elettrosensibili

In Lombardia circa 300mila persone soffrono di disturbi fisici legati all’uso di telefonini o altri dispositivi che funzionano a onde elettromagnatiche. Una patologia, l’elettrosensibilità, ancora non pienamente riconosciuta, ma che rischia di diffondersi sempre più in futuro.
A cura di Francesco Loiacono
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Si chiamano elettrosensibili, e sono quelle persone alle quali le radiazioni elettromagnetiche di telefonini, router wi-fi o cordless causano veri e propri disturbi fisici. Il loro numero, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, è pari al 3 per cento circa della popolazione mondiale. Solo in Lombardia, si contano circa 300mila casi. Persone che, secondo l'Associazione italiana elettrosensibili, "ancora oggi non vengono né aiutate né tutelate", come afferma al Corriere Paolo Orio, vicepresidente dell'Aie. Il motivo? Per l'Oms non è ancora riconosciuto il rapporto causale tra disturbi ed esposizione a campi elettromagnetici, un terreno ancora relativamente nuovo per la scienza. "Purtroppo è molto difficile dimostrare gli effetti biologici dell’esposizione a campi elettromagnetici bassi", conferma infatti Ernesto Burgio, del comitato scientifico dell’Isde (International society of doctors for environment) -. Resta, però, un fatto: le evidenze che le onde elettromagnetiche possano fare male a tutti, più o meno sensibili, ci sono già". Nel nostro Paese, però, al contrario di altri, come la Svezia, tutto resta fermo, a parte qualche isolata sentenza della magistratura.

Una patologia in crescita

In realtà, come spiega Giorgio Cinciripini, coordinatore della rete No Elettrosmog, in qualche regione italiana si sta iniziando a riconoscere "la sensibilità chimica multipla, a cui spesso si associa l’elettrosensibilità. In Lombardia, invece, ancora nulla". In futuro, però, il rischio è di dover fronteggiare numeri ancora maggiori. Secondo il professor Angelo Gino Levis, ordinario di mutagenesi ambientale a Padova, con l'aumentare dei dispositivi con tecnologia wireless nel 2017 il 50 per cento della popolazione potrebbe diventare elettrosensibile. Numeri forse un po' troppo allarmistici, ma giustificati anche dal fatto che il governo sta pensando di alzare i limiti dei campi elettromagnetici da 6 a 61 V/m, valore in vigore nel resto d'Europa, nell'ambito del piano per la Banda ultralarga e per la crescita digitale. Anche per questo, l'associazione Amica (Associazione per le malattie da intossicazione cronica e/o ambientale) ha lanciato un appello a Governo e Parlamento per "conservare e semmai migliorare i livelli di tutela della salute dagli effetti nocivi delle radiazioni emesse da cellulari, tablet, smartphone, computer collegati in rete senza fili, antenne Wi-Fi, Wi-Max, radar, ripetitori della radiofonia, della radiotelevisione e della telefonia mobile Dect, Gsm, Umts e Lte (4G)", chiedendo di investire sulle connessioni via cavo.

I racconti dei "malati di telefonino"

In attesa che sulla questione scienza e legge facciano chiarezza, colpiscono i racconti di alcuni elettrosensibili sull'insorgere della loro malattia: "Mi sono ammalato nel 1999. Un giorno ho preso in mano il cellulare e ho cominciato a stare male e a sentire formicolio alla testa. Dopo mesi di visite, ho capito di cosa soffrivo, anche perché stando lontano da telefonino e cordless i sintomi sparivano", spiega Paolo Orio. Mentre Annunziata Di Fonte, medico del lavoro di Lonate Pozzolo, vicino a Brescia, racconta: "Tollero il wi-fi per un quarto d’ora, poi comincio a sentire calore, mal di testa, mi compaiono ponfi rossi sul viso. Purtroppo la malattia ha un impatto notevole sulla mia vita: in macchina, quando incrocio i ripetitori, ho delle scosse muscolari e fatico a concentrarmi; in casa ho dovuto mettere delle tende schermanti e un impianto elettrico a 16 volt. E poi non posso più viaggiare in treno, né andare al cinema: troppi telefonini accesi. Ma so come comportarmi perché sono un medico. Gli altri malati no".

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