Troppi post in favore della causa curda, Facebook chiude la pagina di Milano in Movimento
Questa mattina Facebook ha chiuso la pagina di Milano in Movimento, organo di informazione alternativa: alle 10.39 di mercoledì 16 ottobre a causa della "ripetuta violazione degli standard di comunità" la pagina molto seguita sul social network è sparita dalla piattaforma. Il motivo, così come spiegato dagli stessi amministratori, risiede nella scelta di Milano in movimento di appoggiare la causa curda attraverso la pubblicazione e condivisione di post sulla pagina stessa.
Il primo avvertimento era arrivato già nella giornata di ieri, martedì 15 ottobre, quando Facebook aveva inviato agli amministratori della pagina un avviso nel quale venivano richiamati per alcuni "degli articoli di solidarietà ai curdi", articoli prontamente censurati e cancellati dalla piattaforma, senza alcuna possibilità di replica, come spiegato da Milano in movimento in un anota pubblicata sul proprio sito web. "Non siamo gli unici – si legge nell'articolo dello staff di MiM – decine di pagine di solidarietà al Kurdistan sono state bloccate e questa situazione ci porta di nuovo a riflettere sul quanto noi militanti abbiamo fatto affidamento, per la divulgazione delle nostre idee, ad una piattaforma di advertising, gestita da privati, che può manovrare e manipolare il consenso politico di interi Paesi senza alcun filtro".
Nei giorni scorsi sono state diverse le pagine chiuse da Facebook per il medesimo motivo, come "Binxet – Sotto il Confine", documentario di Luigi D’Alife, con la voce narrante di Elio Germano, che racconta la resistenza del Rojava e le responsabilità dell'Europa nelle atrocità del confine turco-siriano. E Facebook aveva cancellato anche una fotografia di Michele Lapini scattata durante il corteo bolognese di solidarietà ai curdi, in cui si vedeva uno striscione con la scritta "Erdogan assassino". Gli stessi amministratori di MiM quando molte pagine Facebook riferite a Casa Pound e Forza Nuova sono state chiuse un mese fa, hanno commentato la cosa sottolineando la "completa arbitrarietà con cui Facebook può oscurare gruppi politici senza rendere conto a nessuno" e il fatto che potesse capitare anche a loro prima o poi.