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Stoppani (Epam Confcommercio): “Distanze e costi impossibili, la sicurezza non uccida i ristoranti”

“Distanze che sono impraticabili in molte attività, costi e necessità di sanificazione che sono impossibili da sostenere, di responsabilità penale e civile che si vorrebbe far caricare sull’esercente. Questo non è accettabile”. Lino Stoppani, presidente Epam e Fipe, l’associazione milanese e la Federazione italiana dei pubblici esercizi Confcommercio, intervistato da Fanpage.it denuncia i timori e i dubbi dei ristoratori in vista della fase due.
A cura di Simone Gorla
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Distanziamento in un ristorante di Hong Kong
Distanziamento in un ristorante di Hong Kong
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"I problemi di oggi sono gli stessi di un mese fa: si accumulano i danni, le paure e le incertezze con prospettive che non sono mai chiare". La fase due dell'emergenza si avvicina, ma il futuro di locali e ristoranti rimane nebuloso. Lino Stoppani, presidente Epam e Fipe, l'associazione milanese e la Federazione italiana dei pubblici esercizi Confcommercio, intervistato da Fanpage.it denuncia i timori e i dubbi dei ristoratori che, a Milano come nel resto della Penisola, sono fermi da due mesi e attendono di sapere come dovranno attrezzarsi per affrontare la nuova normalità. "Ragioniamo su come accompagnare la ripartenza con un protocollo nostro da proporre alle task force e alla politica. Noi siamo disposti ad adottare misure di sicurezza, ma che siano sostenibili dal punto di vista economico e organizzativo".

Le misure di sicurezza per poter riaprire locali e ristoranti sono insostenibili?

Sento parlare di distanze che sono impraticabili in molte attività, di costi e necessità di sanificazione che sono impossibili da sostenere, di responsabilità penale e civile che si vorrebbe far caricare sull’esercente. Questo non è accettabile. Se facciamo rispettare i protocolli non possiamo essere ritenuti responsabili dell'eventuale diffusione del contagio. Rischi economici e responsabilità a carico degli imprenditori ci preoccupano.

Cosa chiedete alla politica e alle task force?

Noi proponiamo di adottare gli stessi accorgimenti con cui è garantita l’attività nei negozi. Accessi graduali e alcune distanze da tenere. Ma parliamoci chiaro: è impossibile tenere il distanziamento nelle cucine, non si può fare. Si adotteranno altre cautele, come mascherine o sanificazioni molto frequenti. Per il back office non abbiamo problemi enormi a organizzare un protocollo da rispettare per mantenere la sicurezza. Il problema è il front office, come faccio con il cliente? Il piatto glielo devo portare. Bastano le mascherine per stare tranquilli? Se una famiglia si mette a tavola deve mantenere le distanze? Abbiamo tanti dubbi. Supportati dai medici stiamo cercando di abbozzare delle ipotesi gestire.

I ristoranti saranno diversi nel prossimo futuro, tra barriere e dispositivi di sicurezza?

Sono fortemente contrario alle barriere in plexiglas. Sviliscono completamente l'idea di convivialità. A questo punto meglio non aprire proprio i ristoranti. La protezione va bene alla cassa, dove passano tutti i clienti e bisogna proteggere il personale. Non tra i tavoli o tra persone che si conoscono. Mangiare fuori deve rimanere un'occasione di socialità.  Le mascherine al momento appaiono indispensabili, l'importante è che siano pratiche e sicure.

Il futuro della ristorazione sono le consegne a domicilio?

Il food delivery lo stiamo sperimentando, sì. Molti lo stanno usando facendo di necessità virtù. Certamente è un canale aggiuntivo, prima era un di più, ora è, e sarà sempre più, parte integrante del business. Vale la stessa cosa anche per l’asporto, che oggi ha vincoli e limitazioni che speriamo si possano superare.

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