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Schiavo dei videogiochi, il Tribunale allontana un 15enne dalla famiglia e lo affida a una comunità

Un 15enne schiavo dei videogiochi è stato allontanato dalla famiglia e affidato a una comunità di tutela. Questa la decisione del Tribunale dei minori per un ragazzo affetto da una grave dipendenza. La vicenda, che è diventata un vero e proprio caso giuridico che va avanti da diversi anni, si svolge nel Comune di Crema, nel Cremonese, e riguarda una famiglia da tempo seguita dai servizi sociali con serie problematiche.
A cura di Alessia Rabbai
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Un 15enne schiavo dei videogiochi è stato allontanato dalla famiglia e affidato a una comunità di tutela. Questa la decisione del Tribunale dei minori riportata dal Corriere della Sera per un ragazzo affetto da una grave dipendenza. La vicenda è diventata un vero e proprio caso giuridico che va avanti da diversi anni, si svolge nel Comune di Crema, nel Cremonese, e riguarda una famiglia da tempo seguita dai servizi sociali con serie problematiche.

Schiavo dei videogiochi

Il caso va avanti da anni e riguarda un adolescente affetto da una grave dipendenza da videogiochi che ha vissuto in un contesto famigliare particolare. I genitori del ragazzo sono separati, la mamma ha problemi di droga e giudiziari, la figlia è scappata di casa con il fidanzato e in passato, a sua volta, è stata affidata a una comunità. Da questa situazione è emersa la condizione del figlio, ora quindicenne, con difficoltà nell’apprendimento, schiavo dai videogiochi e pertanto vittima di una dipendenza da cui non riesce a liberarsi. Da qui la decisione dei giudici di affidarlo a una comunità.

I pregressi

Già un anno fa, infatti, era stato disposto l'allontanamento del giovane per andare a seguire un percorso di cura. A fine settembre un giudice, dopo una relazione presentata dai servizi sociali, aveva emesso l'ordine di allontanamento del minore dall'abitazione di famiglia. Gli assistenti sociali avevano rilevato che l'adolescente, che frequenta la terza media, passava troppe ore davanti ai videogiochi e non andava più a scuola. Davanti all'intervento del giudice, il ragazzino si era però immediatamente ravveduto: aveva ripreso a frequentare regolarmente le lezioni e aveva smesso di giocare ai videogame.

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