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Rozzano, uccise il fratello per dissidi sull’azienda di famiglia: condannato all’ergastolo

È stato condannato in via definitiva all’ergastolo Sandro Tromboni, che la sera del 19 marzo 2015 freddò il fratello Luca con tre colpi di pistola nel capannone dell’azienda di famiglia a Quinto de’ Stampi, frazione di Rozzano, comune in provincia di Milano. I giudici della Cassazione hanno confermato la sentenza della Corte d’Appello smentendo l’ipotesi della rapina finita male sostenuta dalla difesa dell’imputato.
A cura di Filippo M. Capra
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Sandro Tromboni, l'uomo che uccise il fratello Luca il 19 marzo del 2015 a Rozzano, è stato condannato in via definitiva all'ergastolo. Quella sera, i due si ritrovarono nel capannone dell'azienda di famiglia a Quinto de' Stampi, una frazione del comune in provincia di Milano, dove il primo ha freddato il parente con tre colpi di pistola. Il movente, secondo la sentenza della Cassazione, riguardava "forti e insanabili contrasti insorti tra i due fratelli per la conduzione dell’azienda di famiglia, la Tromboni srl, i cui soci di maggioranza erano i genitori e di minoranza proprio i due fratelli". Ma non è tutto, perché la madre dei due fratelli, la signora Angiola Rebustini, che controllava l'azienda, aveva incaricato Luca di votare nell'assemblea dei soci il licenziamento o, al massimo, il demansionamento di Sandro, il cui comportamento era "ritenuto contrario agli interessi della società".

Il particolare che ha incastrato l'assassino

Avrebbe avuto un ruolo di rilievo l'allora amante di Sandro Tromboni, che nei giorni successivi all'assassinio di Luca riferì agli inquirenti che Sandro le confidò che il fratello era stato ammazzato con tre colpi di pistola. Tale particolare – a detta dei giudici – poteva essere noto solo all'assassino, "perché sino allo svolgimento dell’esame autoptico il dato non era conosciuto e si riteneva che i colpi fossero stati due". Tromboni, tramite il suo legale, aveva fatto ricorso contro la sentenza della Corte d'Appello, poi confermata in Cassazione, sostenendo l'ipotesi della rapina finita male, definita improbabile dai giudici poiché dalle indagini non erano emersi segni di effrazione ai danni del cancello del capannone o di colluttazione all'interno del medesimo. Inoltre, alla salma di Luca Tromboni non era stato sottratto nulla se non una chiavetta usb contenente tutti i documenti aziendali: anche questo dettaglio, secondo i giudici, poteva essere conosciuto solo dal suo carnefice. Infine, la difesa ha fatto leva sul mancato ritrovamento dell'arma del delitto, a cui è seguita la risposta dei giudici secondo cui "il rilievo di ricorso secondo cui il mancato rinvenimento dell’arma utilizzata per l’omicidio dovrebbe tradursi in dato indiziario a favore dell’imputato, non ha consistenza". Per Sandro Tromboni, ora, c'è il carcere a vita.

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