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Rimane incinta, ma al rientro in azienda iniziano le vessazioni: “Non dovevi avere un altro figlio”

Minacce e vessazioni sul lavoro nei confronti di una lavoratrice “colpevole” di essere rimasta incinta per la seconda volta. È la storia Chiara, dipendente da quindici anni di un’azienda milanese. La sua vicenda è stata riportata dal Corriere della Sera dopo che la donna ha aperto una vertenza sindacale. I suoi datori di lavoro, infatti, per costringerla ad accettare una buonuscita e dimettersi l’avrebbero sottoposta a soprusi, isolata, demansionata. Tutto questo dopo l’avvertimento di un consulente: “Non dovevi aver un figlio. Se rientri al lavoro ti faranno morire”.
A cura di Luca Giovannoni
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(immagine di repertorio)
(immagine di repertorio)

"Non dovevi aver un figlio. Ti conviene accettare l'offerta. Se rientri al lavoro ti faranno morire". Resta incinta del secondo figlio e al rientro nell'azienda dove lavora da 15 anni viene accolta con minacce, vessazioni e tentativi nemmeno troppo velati di costringerla alle dimissioni. È la storia di Chiara, dipendente in una piccola ditta di Milano, raccontata dal Corriere della Sera dopo che la lavoratrice ha deciso di avviare una vertenza sindacale.

Resta incinta del secondo figlio: in azienda iniziano minacce e vessazioni

Tutto ha inizio quando la donna comunica di essere rimasta incinta del secondo figlio. A quel punto un emissario del suo datore di lavoro le offre una buonuscita per lasciare l'azienda. Una proposta in apparenza amichevole ma accompagnata da minacce che la donna non riesce a spiegarsi. Il messaggio è chiaro: deve accettare l'offerta per dimettersi, in quanto la sua gravidanza non è stata digerita dai vertici aziendali.

L'isolamento e i soprusi

Chiara sceglie di non accettare l'offerta dell'azienda e da quel momento inizia una serie di soprusi nei suoi confronti da parte di tutto l'ambiente di lavoro. Nel periodo che trascorre in maternità viene a sapere che l'azienda ha assunto una persona a tempo indeterminato per sostituirla. Una volta rientrata sul posto di lavoro, viene ricollocata e destinata ad altre mansioni, come fare fotocopie e rispondere al citofono. Anche i colleghi la isolano, facendole notare imprecisioni e errori, viene ignorate ed esclusa dalle riunioni. Nessun dubbio sulla causa delle vessazioni: la seconda gravidanza non è stata accettata dai vertici dell'azienda. Il datore di lavoro arriva addirittura a farle sapere che avrebbe dovuto comunicargli l'intenzione di avere un secondo figlio prima di concepirlo.

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