Uscire dalla crisi reinventandosi una produzione industriale è possibile, e una fabbrica recuperata alle porte di Milano ne è un esempio. Ispirata al modello delle "fabricàs recuperadas" argentine, la RiMaflow di Trezzano sul Naviglio è gestita da soli operai. In un anno e mezzo di occupazione hanno creato una rete di mutuo soccorso. Oggi, per far partire a pieno regime l'attività industriale, sul loro sito lanciano un appello per l'acquisto di un impianto per la produzione e distribuzione di aria compressa, fondamentale per poter alimentare i macchinari e le attrezzature da officina di riuso. Per l’acquisto dei compressori e l’installazione servono almeno 15mila euro: a sostegno di RiMaflow, che nei giorni scorsi è stata protagonista del social forum svoltosi in Vaticano alla presenza di Papa Francesco che ha "benedetto" movimenti e centri sociali, hanno aderito figure di spicco, oltre che singoli cittadini: alcuni fra tutti il presidente boliviano Evo Morales, Andres Ruggeri dell'università di Buenos Aires, i brasiliani Joao Pedro Stedile del Movimento Sem Terra di Rio Grande do Soul e il teologo della liberazione Frei Betto da San Paolo, il regista londinese Ken Loach, l'attivista Themba Chauke dal Sudafrica. "In questo primo anno e mezzo di attività abbiamo fatto molto, ma adesso dobbiamo fare il salto di qualità. Se riusciremo ad acquistare questo macchiario potremo finalmente attivare una reale produzione dal basso, con la felice conseguenza di procurarci un salario pieno: una conquista necessaria a ciascun lavoratore per vivere dignitosamente, dimostrando che una fabbrica senza padroni e senza sfruttamento è possibile", dichiara Gigi Malabarba di RiMaflow, cuore e mente della fabbrica recuperata: un passato da operaio all'Alfa Romeo di Arese, poi senatore nella XV Repubblica con Sinistra Critica, impegnato quotidianamente nei movimenti di lotta sociali.
Dalla Maflow alla RiMaflow
Un marchio prestigioso quello della Maflow: prima della chiusura erano 300 gli operai impegnati nella produzione di condizionatori e ingranaggi interni per macchinari e auto. E nonostante vantasse collaborazioni con la Bmw e la Mercedes, a un certo punto l'amministrazione italiana comincia a disinteressarsi delle sorti dell'azienda e nel 2010 la Maflow viene rilevata da un magnate polacco. Interessato non al benessere dei lavoratori ma al solo marchio, nel 2012 per gli operai arriva la cassaintegrazione e il nuovo proprietario delocalizza trasferendo macchinari e produzione in Polonia: la fabbrica di Trezzano sul Naviglio, alle porte di Milano, chiude. Serrande abbassate, i lavoratori vengono lasciati a casa. Ma invece della disperazione, a cui la perdita del lavoro avrebbe potuto portarli, decidono di organizzarsi: a febbraio 2013 occupano la fabbrica e danno inizio a un percorso di autoreddito. Operai sulla soglia dei 50 anni, altrimenti destinati ad ingrassare le file dei disoccupati o a sostare per anni nelle agenzie di ricollocamento, troppo vecchi per stage a 300 euro al mese e troppo giovani per la pensione, si reinventano un futuro: si costituiscono cooperativa su modello delle fabbriche recuperate argentine. "Ad oggi l'unica vera alternativa alla cialtroneria politica, al massacro sociale ed alla debole opposizione è l'autorganizzazione e l'autogestione del lavoro e della propria vita senza padroni. A partire dall'occupazione dei luoghi di produzione", afferma Aniello Iaccarino, artefice e membro sin dall'inizio del progetto RiMaflow, uno dei nodi della rete Communia.
I progetti della fabbrica di Milano
Nei 30mila metri quadrati di spazi vuoti a disposizione hanno ideato il progetto ‘Cittadella dell'economia": partono dallo smaltimento e recupero dei materiali, arrivano all'autoproduzione di salsa di pomodoro e limoncello. Le parole chiave sono riciclo e riuso, e riescono a far cassa con piccoli lavoretti, come la riparazione di computer e server elettronici e il ristorante autogestito dentro a uno dei capannoni della fabbrica in cui si servono solo ed esclusivamente cibi a partire da prodotti biologici e a filiera corta. E poi: il mercatino dell'usato e il gruppo d'acquisto solidale con frutta e ortaggi dei piccoli produttori agricoli del Parco Sud e della cooperativa Sos Rosarno a contrasto di mafie e caporalato, la palestra popolare, gli uffici in locazione per il co-working e infine l'ostello che può ospitare fino a trenta persone. Impegnati in prima linea nella rete no expo, ospitano associazioni e movimenti da tutto il mondo in occasione di assemblee e feste, all'interno di una comunità inclusiva in cui uniscono attività produttive ad attività sociali. Una logica solidale e di mutuo soccorso volta all'integrazione non solo dei cassaintegrati della vecchia Maflow ma anche dei migranti che in Italia si trovano senza lavoro. Attivi nell'antimafia, la presenza di RiMaflow sul territorio è un monito per quanti nell'hinterland milanese danno la spalla alla criminalità organizzata che, a Trezzano sul Naviglio, è radicata da almeno trent'anni sia nel ciclo dei rifiuti che nelle istituzioni: nel 2010 il sindaco Pd Tiziano Butturini era stato arrestato, il comune commissariato e a maggio 2013 la Dda ha portato in carcere otto persone per tangenti fra cui l'assessore ai Servizi sociali, l'assessore ai Lavori pubblici e il capo dei vigili.