Remuzzi: “Zona rossa a Nembro? Anche se l’avessero fatta, sarebbe stato troppo tardi”
Sarebbe cambiato poco o nulla nell'epidemia da Coronavirus che ha investito la Bergamasca anche con la zona rossa di Alzano Lombardo e Nembro. Questo, in sostanza, il pensiero del professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto ricerche farmacologiche Istituto Mario Negri di Bergamo. In un'intervista rilasciata a Telelombardia, il professore ha risposto a diverse domande sulla mancata zona rossa ora al centro dell'inchiesta della procura di Bergamo.
Remuzzi: Il virus era con noi già da tempo
"Adesso abbiamo sempre più evidenze che questo virus era con noi da tanto tempo", ha detto Remuzzi argomentando la sua tesi. "C’è stato un caso in Francia a dicembre, 266 casi in Cina a metà novembre. Pensate a quanta gente ha viaggiato dalla Cina a Bergamo e a tutte le nostre zone industriali", ha poi proseguito il professore dell'Istituto Mario Negri, che ha sottolineato quello che in tanti sospettano: "Secondo me quando l’epidemia è arrivata noi non ce ne siamo affatto accorti". Ciò avrebbe comportato il contagio soprattutto di giovani che avrebbero fatto il Covid in maniera asintomatica.
Il professore: Qualunque cosa si fosse fatto probabilmente era tardi
Remuzzi torna comunque a parlare della zona rossa, sostenendo che "qualunque cosa si fosse fatto probabilmente era tardi", dichiarando che l'eventuale chiusura di Nembro non avrebbe garantito il salvataggio di maggiori vite umane perché non si possono avere dei dati che lo dimostrino con certezza. Certo, lo stesso professore ammette che se Nembro fosse stata isolata subito, "forse avremmo avuto qualche contagiato in meno", ma ciò non toglierebbe il fatto che la malattia era presente già da tempo, "e paradossalmente queste aggregazioni dove ci sono i sindaci più bravi, che creano università per anziani, luoghi per anziani dove ritrovarsi, che sono tutti luoghi chiusi, quelli creano paradossalmente situazioni che favoriscono la diffusione del virus".