Omicidio Maurizio Pozzi, la figlia andrà in carcere: “Pagò 3000 euro per liberarsi del padre”
Andrà in carcere Simona Pozzi, la donna di 45 anni accusata di aver commissionato l'omicidio del padre, il commerciante Maurizio Pozzi trovato ucciso nel suo appartamento in via Gian Rinaldo Carlo a Milano, il 5 febbraio del 2016. A deciderlo il Tribunale del Riesame, accogliendo il ricorso dei pm Albero Nobili e Antonio Pavan, di fronte al giudizio del gip che aveva ritenuto che non fosse necessaria al momento nessuna misura cautelare nei confronti dell'imputata, che rimarrà comunque a piede libero fino a quando arriverà la pronuncia sul ricorso presentata dalla difesa.
La 45enne, secondo quanto ricostruito dall'accusa, aveva tentato di uccidere il padre con del veleno e, non essendoci riuscita, avrebbe assoldato un uomo legato alla cosca mafiosa dei Pompeo-Tallarico consegnandogli 3000 euro per compiere l'omicidio. Era il 2013 e l'uomo tentò di uccidere Maurizio Pozzi a colpi di bastone. Poi l'ultimo tentativo nel 2016, quando riesce a far ammazzare il padre da un uomo non ancora identificato. Questo è il quadro sconvolgente che emerge dalle indagini condotte dalla Sezione Omicidi della Squadra Mobile, secondo cui la donna aveva deciso di uccidere il padre dopo averne dilapidato il patrimonio: 800euro spesi in una manciata di anni all'oscuro della famiglia.
Pozzi era titolare di un negozio di uno storico negozio di calzature in zona Affori, dove lavorava anche la figlia. L'uomo è stato trovato morto dalla moglie in casa, riverso senza vita nella camera da letto con "otto ferito lacero contuse" inferte con un oggetto contundente. Secondo quanto emerso nel corso delle indagini la donna avrebbe deciso di eliminare il padre, perché ormai stava emergendo in maniera chiara come avesse dato fondo alle risorse finanziarie della famiglia, accumulando debiti su debiti e riuscendo ad occultare la verità al padre.