Omicidio Macchi, l’ex compagno di liceo in cella: “Sono tranquillo, tutto si chiarirà”
Si dice tranquillo S.B., nella sua cella del carcere Miogni dove è recluso dopo l'arresto per l'omicidio di Lidia Macchi, ex compagna di liceo a Varese. "Tutto si chiarirà" ha detto al suo avvocato, Sergio Martelli, che lo ha incontrato nella struttura detentiva. Sono trascorsi solo pochi giorni da quando l'uomo è stato trasferito in cella per l'omicidio di Lidia Macchi, 21enne trovata uccisa in un bosco di Cittiglio, nel Varesotto, nel 1987. Martedì è il giorno dell’interrogatorio dal gip. Tranquillo per la propria sorte, a quanto pare, ma un po' meno per le condizioni dell'anziana madre che lascia a casa a Brebbia (Varese). Le indagini sulla morte di Lidia Macchi, hanno subito una svolta nell’estate scorsa seguendo la pista di una lettera anonima arrivata alla famiglia nel giorno dei funerali della ragazza.
A carico di S.B., numerosi elementi investigativi: la mancanza di un alibi nella notte della scomparsa della studentessa, sua compagna di liceo,, il 5 gennaio 1987. Le dichiarazioni di una testimoniane che avrebbe notato una “Fiat 131 bianca” – la stessa guidata dall'uom all'epoca, nel parcheggio dove è stata vista viva l’ultima volta Lidia e in altro elemento inquietante: un foglio datato il giorno della morte recante la scritta "Stefano è un barbaro assassino" ritrovato nella sua abitazione dagli inquirenti. A puntare i riflettori su S.B. una lettera inviata ai familiari della ragazza da un anonimo identificato dagli investigatori proprio come S. B. L'allora coetaneo di Lidia, frequentava lo stesso liceo della ragazza e lo stesso ambiente di Comunione e Liberazione.