L'indagine che martedì mattina ha portato agli arresti 59 persone, di cui 57 in carcere e due attualmente latitanti nell’est Europa, nasce da un fatto di matrice mafiosa accaduto nei giorni di Pasqua a Sedriano, primo comune lombardo sciolto per mafia. A marzo 2012 sei colpi d’arma da fuoco vengono sparati contro un’automobile parcheggiata in via San Massimo, principale collegamento stradale fra il paese dell’hinterland milanese e la sua frazione Roveda. Sei colpi d’arma da fuoco contro un’auto parcheggiata in pieno centro abitato, nei giorni vicini alla Pasqua, a ridosso di un bar gestito da una famiglia legata da sempre all’imprenditoria delle macchinette di gioco d’azzardo. Sotto la vettura era stato trovato anche un coltello: ritrovato da un cittadino sedrianese, che preferì denunciare il fatto al giornale locale Altomilanese invece che alle autorità di legittima competenza: carabinieri e amministratori comunali. Quella sparatoria, la cui esistenza fu negata dall’allora sindaco del paese Alfredo Celeste, arrestato per corruzione a ottobre dello stesso anno e oggi in tribunale per la richiesta della Dda milanese di tre anni di sorveglianza speciale, è l’evento scatenante che ha portato gli inquirenti a ricostruire lo scenario criminale di stampo mafioso del narcotraffico milanese. Un commercio che tocca Sud America ed Est Europa, ma che fa dei comuni in provincia di Milano un fortino e una base per le proprie attività illecite. Non un’infiltrazione della criminalità organizzata, ma un fenomeno di integrazione: nel tessuto sociale, politico e imprenditoriale.
Le minacce agli imprenditori
Il proprietario dell’autovettura danneggiata nell’aprile di due anni fa, Massimiliano Cecchin si era indebitato con i fratelli Vincenzo e Luciano Celini: i due, attualmente in carcere, avevano consegnato all’uomo una cifra di 150mila euro, un credito che il Cecchin avrebbe dovuto investire in un'attività di compravendita e importazione di automobili dall’estero. Il tutto per favorire il sodalizio mafioso. Cecchin non riesce ad avviare l’attività, e i due fratelli vogliono indietro la somma. Lui non l’ha con sé, non riesce a procurarsela, e allora si arriva a un patto: ci si accorda a barattare i soldi con la coca. Cecchin si presenta a Sedriano con 1 kg di coca, pari a 39mila euro a titolo di pagamento di credito. Ma non riesce a saldare il debito raggiungendo il totale di 150mila euro. I fratelli Celini, che girano armati a Sedriano, cominciano a minacciare di morte lui e la famiglia. Dicono che gli avrebbero ucciso i suoi cari, che lo avrebbero fatto fuori. Cecchin, intimidito, denuncia. Ma sono passati tre anni: i reati relativi a sostanze stupefacenti e detenzione di armi a Sedriano vanno da novembre 2011 al marzo 2013.
Nell'hinterland milanese il centro del narcotraffico
Sono per lo più giovani gli arrestati di martedì 16 dicembre, nati tra il finire degli anni ’70 e l’inizio degli ‘80. Una classe di 40enni cresciuti al Nord col fascino dei trafficanti calabresi di droga e armi che nella "Milano da bere" compivano affari, ingrassando le tasche dei familiari e crescendo nuovi fidati adepti fra i compaesani trasferiti al settentrione. Ed è proprio il narcotraffico il campo di facile guadagno prediletto dalle nuove leve della ‘ndrangheta. Un mercato che continua ad aver richiesta, non in crisi. Un mercato che tocca il centro ma soprattutto l’hinterland della metropoli: come Sedriano, primo comune lombardo sciolto per mafia un anno fa, e Pregnana Milanese dove Sergio Tavazzi presso la sua abitazione custodiva e occultava droga. Entrambi paesi di modeste dimensioni, 11mila abitanti il primo e non più di 7mila il secondo, centri cittadini apparentemente tranquilli ma toccati dal traffico internazionale di stupefacenti, tappe fondamentali per i guadagni che dal Sud America all’Est Europa passano per il nord Italia controllato dalle cosche calabresi.