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Muore dopo un trapianto cardiaco, serve una nuova perizia: “Il donatore aveva avuto due infarti”

Un 60enne cardiopatico è morto a settembre 2016 all’ospedale San Camillo di Roma dopo aver ricevuto un trapianto cardiaco. Secondo il gip, che ha accolto la richiesta del pm Francesco De Tommasi, servirà una perizia sul cuore prelevato al San Raffaele a un 48enne milanese. I legali della vittima ipotizzano che quel cuore non fosse idoneo al trapianto.
A cura di Enrico Tata
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foto d'archivio
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Il sospetto è che il cuore non fosse del tutto sano e questo avrebbe provocato la morte di un 60enne cardiopatico, defunto a settembre 2016 all'ospedale San Camillo di Roma dopo aver ricevuto un trapianto cardiaco. Secondo il gip, che ha accolto la richiesta del pm Francesco De Tommasi, servirà una perizia sul cuore prelevato al San Raffaele a un 48enne milanese per verificare l'ipotesi. Nuovi documenti depositati dai consulenti della procura e dai legali dei famigliari della vittima, infatti, avrebbero evidenziato "patologie pregresse" dell'organo. Secondo una precedente consulenza, invece, quel cuore era "idoneo a scopo di trapianto". Per la famiglia del 60enne le patologie del cuore erano addirittura tre, mentre le prime analisi avevano rilevato si alcune anomalie, ma erano state considerate non gravi. Nello specifico, si legge nella relazione dei medici, il cuore "non presentava caratteristiche che controindicassero il prelievo e la donazione". Per i medici legali Massimo Senati e Francesco Alessandrini dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma il donatore, in sovrappeso, avrebbe avuto invece ben due arresti cardiaci nel corso della sua vita.

Per il momento nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta trasferita da Roma a Milano nei mesi scorsi risultano indagati per omicidio colposo cinque medici, due del San Raffaele di Milano e tre del San Camillo di Roma.

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