Monza, avvelenò la famiglia col tallio: Del Zotto dichiarato “incapace di intendere e di volere”
È stato dichiarato "totalmente incapace di intendere e di volere al momento dei fatti perché affetto da vizio totale di mente" oltre ad essere "affetto da un disturbo delirante". È quanto emerso dalla perizia effettuata a Mattia Del Zotto, il 27 enne originario di Nova Milanese, in provincia di Monza Brianza, che a fine estate 2017 ha avvelenato con solfato di tallio nove suoi familiari, uccidendone tre. La perizia è stata eseguita su ordine del Tribunale di Monza e a differenza di quella inizialmente incaricata dalla Procura di Monza che lo aveva definito parzialmente incapace di intendere e volere, definisce Del Zotto un soggetto "socialmente pericoloso, che necessita di trattamenti intensivi di durata indefinita in una struttura psichiatrica giudiziaria", seppur "capace di partecipare al processo". Si tratta dunque di una svolta importante che potrebbe portare il Tribunale a valutare se processare il giovane o meno.
La vicenda: prima l'avvelenamento poi la confessione
Avevano trascorso un periodo di vacanza in Friuli, in una casa di campagna a Varmo, e al ritorno erano stati tutti ricoverati con sintomi riconducibili ad avvelenamento da tallio. Era iniziata così la vicenda della famiglia Del Zotto. Solo dopo settimane di ipotesi e indagini era giunta la confessione di Mattia Del Zotto, il 27enne, nipote delle vittime, che aveva dichiarato di aver avvelenato l'intera famiglia. "Sono stato io a mettere il tallio – aveva detto il ragazzo agli inquirenti – ho sciolto il tallio in due bottiglie di acqua minerale conservate nella cantina della villa di famiglia". E ancora: "Mi sono occupato personalmente di avvelenare gli alimenti. Ho agito per punire gli impuri". Tre le vittime del giovane di Nova Milanese: i nonni paterni Giovanni Battista Del Zotto, 94 anni, e Patrizia Del Zotto, 62 anni, oltre alla zia Maria Gioia Pittana, 88 anni. Altri cinque familiari, invece, erano stati ricoverati in ospedale: si tratta di un'altra zia (Laura Del Zotto), il marito della prima vittima (Enrico Ronchi), la badante di famiglia (Serafina Pogliani) ed i due nonni materni (Alessio Palma e Maria Lina Pedo). Se inizialmente il giudice per le indagini preliminari aveva accolto la richiesta di escludere un esame psichiatrico perché il giovane era stato ritenuta una"lucida mente criminale" consapevole delle proprie azioni, successivamente era stata accolta la richiesta della Procura di Monza che richiedeva una perizia psichiatrica. Per Del Zotto le accuse sono di omicidio e tentato omicidio plurimo e premeditato.