Milano, rivolta al San Vittore dello scorso marzo fu “un piano criminale”: in 12 a rischio processo
Fu un piano criminale. Così è stata definita, in sostanza, dalla procura di Milano la rivolta che esplose a inizio marzo, in piena pandemia Covid, dentro le mura del carcere di San Vittore. Le proteste messe in atto dai detenuti della casa circondariale, che avrebbero aggredito tre agenti della polizia penitenziaria, oltre a distruggere gli interni di alcuni reparti, avevano spaccato l'opinione pubblica, all'interno della quale c'era chi chiedeva che i condannati per reati minori potessero effettuare la quarantena domiciliare e chi invece pretendeva che nessuno dei carcerati uscisse di prigione.
Dodici detenuti accusati di sequestro di persona e lesioni personali
Ebbene, a quattro mesi di distanza dalla rivolta, dodici detenuti, dei quali cinque italiani, e sette provenienti da Marocco, Tunisia, Gambia e Algeria, sono accusati di sequestro di persona, devastazione e saccheggio, lesioni personali e rapina. I dodici hanno tutti età compresa tra i 21 e i 48 anni. A quattro di loro è stata contestata la "devastazione del terzo e del quinto reparto con la distruzione delle telecamere posizionate ai singoli piani, rendendole del tutto inservibili e di molti altri beni suppellettili dell’amministrazione: video, termosifoni, sbarre di porte e finestre, armadi, scrivanie, sedie, faldoni, documenti e suppellettili". E per quanto riguarda le tre presunte aggressioni agli agenti della polizia penitenziaria, in un episodio un detenuto avrebbe strappato la radio, il telefono cordless e le chiavi del cancello della relativa sezione puntandogli contro una lametta minacciandolo di usarla per ferirlo in caso non li avesse assecondati. In un altro caso, invece, un agente sarebbe stato accerchiamo per sottrargli le chiavi. Ciò, gli avrebbe provocato uno stato di choc, riportando lesioni di tipo psicologico.