Milano, NoLo raccontata da uno dei suoi artefici: “Non chiamateci ‘nuova Brera’, non siamo un’elite”
Tutti ne parlano, tutti la identificano come l'ambita meta della loro prossima casa. NoLo, il "nuovo" quartiere sorto a nord di piazzale Loreto che attraversa viale Monza e via Padova, tra Greco e Pasteur, è l'ultima novità topografica di una Milano in costante evoluzione che mira a crescere ulteriormente attraverso la riqualificazione delle cosiddette "zone a rischio", quelle storicamente più difficili dato l'alto tasso di criminalità o degrado. Ma come si è trasformato il quartiere e di chi è il merito di questa esplosione d'appeal che ha indotto i milanesi a voler vivere una zona che fino a poco tempo fa era considerata semplice periferia dove abitare per pagare poco d'affitto? Fanpage.it ne ha parlato con Matteo Russo, titolare della birreria "Ghe Pensi Mi" e, da poco, supporto di livello per il direttore artistico dello storico locale di cabaret Zelig, Giancarlo Bozzo, nonché uno dei principali artefici del "progetto NoLo".
Matteo, da quando NoLo ha smesso di essere la zona Greco-Pasteur?
L'idea nasce nel gennaio del 2016 da uno studio di architetti che aveva l'obiettivo innanzitutto di rinominare una zona storica come questa per favorire una riqualifica generale. A volte, dare un nuovo appellativo, è un tentativo di rinascita.
Dicono lei sia uno dei fondatori del quartiere, è così?
No, non esageriamo. Mi ritengo un contributore, con il mio locale, il "Ghe Pensi Mi", credo di aver aiutato a fare espandere il nome della zona arricchendo la nostra offerta di pub a luogo dove poter fruire di cabaret live e altri spettacolini teatrali. Questo ha permesso a NoLo di arrivare a persone che mai nella vita avrebbero pensato di mettere piede in queste zone. Ma ci sono pro e contro, come in ogni cosa.
Ci sveli un pro.
In questa zona puoi sperimentare, perché prima c'era molto poco a parte lo storico "Bar Tender", "Bici e Radici" e il cinema Beltrade, che ha fatto un grandissimo lavoro, e niente più. Questo ha portato la possibilità di osare con nuove proposte e verificare se la gente può apprezzare un'idea diversa di locale o meno. Il nostro obiettivo è di creare punti di incontro e di aggregazione per gli abitanti del quartiere.
E ora un contro.
Purtroppo NoLo ha creato dei mostri, gente convinta che stare qui sia come stare a San Babila. Questa zona è altro, non siamo in fondo a corso Vittorio Emanuele e nemmeno la "nuova Brera" come qualcuno pensa. Da qui in piazza Morbegno a via Padova c'è un mondo, eppure siamo entrambi a NoLo ma di là oltre alla "Salumeria del design" c'è poco.
Quindi NoLo è spaccata in due?
Al di là delle cartine geografiche, dove per "NoLo" si intendono anche vie lontanissime, io credo che la zona sia più da questa parte che dall'altra oltre viale Monza dove non vedo lo stesso impegno nostro. Facciamo parte della stessa zona ma è come se fossero ancora due cose distinte, purtroppo, ad oggi.
Come è cambiata la gente che bazzica la zona?
Dalla nostra parte c'è stato un cambio, molti hanno lasciato e altrettanti sono arrivati. Però il dramma è che gli affitti sono schizzati alle stelle aumentando più del 50 per cento. Ciò non toglie che il tessuto sociale sia mutato: ci sono molte coppie giovani e diversi studenti, che si sono integrati bene con parte degli abitanti storici che non avevano nulla a che vedere col degrado della zona. In via Padova questo processo va molto a rilento, ma si stanno dando da fare. Vedremo.
Molti vi mettono sullo stesso piano di Isola, paragone azzeccato?
Minga tropp (non troppo, ndr), come si dice a Milano. Qualche somiglianza c'è, ad esempio durante i primi mesi della trasformazione di Isola, il quartiere veniva descritto come una zona di poveri che giocano a fare i ricchi, proprio come qua ora. Solo che Isola è diventata veramente una zona per ricchi, inaccessibile ai più. E poi, la grande differenza con loro, è che la riqualificazione a NoLo è partita dalla gente per la gente, mentre Isola è stata rifondata grazie a ingenti investimenti di privati coordinati dal Comune che hanno ristrutturato le case, tirato su grattacieli e creato da zero piazza Gae Aulenti. Il che non è un male, semplicemente è un'altra storia rispetto alla nostra.
La zona ha patito i mancati investimenti?
No, anzi è proprio il contrario a mio avviso. L'evoluzione di NoLo è un avvenimento che si sta sviluppando naturalmente senza la spinta di nessuno.
Ci faccia lei allora un paragone con una realtà milanese.
Al pari del "Ghe Pensi Mi", mi viene in mente "Mare Culturale Urbano" in via Novara che è un posto che nasce in mezzo al nulla. Un centro che aggrega le persone e sperimenta, proprio come abbiamo fatto noi, dando libero spazio a chiunque volesse mettersi in gioco. Le realtà come le nostre non puntano ad avere il nome grosso per attirare la gente, puntano ad attirare la gente per far sì che il nome grosso arrivi di conseguenza. Non siamo posti fighetti, poi magari il fighetto arriva lo stesso, ma nasciamo con obiettivi ben diversi da quelli che aprono locali in zone pettinate della città. Al contempo, è bello vedere come si mescolano le diverse personalità. Ed è proprio questa connessione di mondi differenti che crea una comunità.
Teme che, esaurito il fascino della novità, NoLo possa tornare ad essere "quella di prima"?
Rispondo non tenendo conto dei cosiddetti mostri sopracitati. A NoLo i cambiamenti non sono dovuti ai convinti ma a gente del territorio che continua a lavorarci o grazie ai patrocini del Comune. Non credo ci sia il rischio di diventare una cosa esclusiva ed elitaria, cosa che io aborro, e anzi l'ondata è destinata a crescere.
Ci sono altre zone di Milano che possono avere lo stesso destino fortunato?
Almeno un paio: l'Ortica, che a me fa impazzire e dove investirei volentieri, e Bicocca, dove stanno costruendo uffici e case, ma manca un punto di aggregazione che diventi riferimento per chi ci vive o ci andrà a vivere. Anche Dergano è una zona intrigante.