Milano, Mehmed seviziato e ucciso dal padre a due anni: il 25enne a processo per omicidio e tortura
Si terrà il prossimo 27 aprile davanti alla Corte d'Assise la prima udienza del processo ad Alija Hrustic, il 25enne di origini croate accusato di aver ucciso il figlio Mehmed di soli due anni lo scorso 22 maggio a Milano: il piccolo torturato per un'intera notte con bruciature di sigarette, calci e pugni, e bruciature ai piedini, inferti proprio dal padre, è morto all'alba a causa di alcuni colpi alla testa. L'uomo è accusato di omicidio volontario aggravato, tortura aggravata e maltrattamenti aggravati: la decisione del rinvio a giudizio è giunta questa mattina dopo che il gup di Milano Livio Cristofano ha accettato la richiesta del pm Giovanna Cavalleri, titolare dell'inchiesta. Il giudice ha respinto invece le istanze presentate dal difensore dell'imputato, Giuseppe de Lalla, tra cui la derubricazione del reato di omicidio volontario aggravato in omicidio preterintenzionale: in aula era presente anche la moglie di Hrustic e madre del piccolo Mehmed che si è costituta parte civile, oltre allo stesso Hrustic assistito dal suo avvocato.
I piedi di Mehmed bruciati da una fiamma viva
Lo scorso ottobre gli agenti della Mobile di Milano hanno chiuso le lunghe indagini sull'omicidio di Mehmed iniziate a poche ore dal ritrovamento del corpicino ormai senza vita del piccolo nell'appartamento dove viveva con la famiglia in via Ricciarelli, in zona San Siro: una morte atroce, violenta, giunta per mano del padre che, scrivono gli inquirenti, lo avrebbe colpito con calci e pugni, gli avrebbe provocato "almeno tre bruciature con l'estremità di sigarette accese" e infine gli avrebbe ustionato "con una fiamma viva" i piedini. Il giorno dell'omicidio fu proprio il 25enne a chiamare i soccorsi all'alba raccontando ai medici che il figlio stava male, senza specificare però i motivi, poche parole le sue prima di darsi alla fuga portando con sé le altre sue due figlie. Quando i medici giunsero nell'appartamento di via Ricciarelli trovarono il corpo del bimbo, ormai privo di vita e pieno di lividi. I piedi erano fasciati, a causa delle bruciature inferte, accerterà l'autopsia dopo, con una fiamma viva, aveva una costola rotta per via di un calcio sferrato con estrema violenza: una scena raccapricciante che anche gli inquirenti in seguito hanno faticato a raccontare.
Alija Hrustic fu arrestato poche ore dopo la sua fuga, si era rifugiato in un appartamento in zona Giambellino. Quando le forze dell'ordine lo trovarono confessò subito l'omicidio del figlio: "Non riuscivo a dormire – disse – ho assunto delle droghe e così l'ho picchiato". Ma dietro la morte del piccolo Mehmed in realtà c'era molto di più: il piccolo infatti era oggetto delle violenze del padre da tempo, i lividi e le ferite poi analizzate dai medici confermarono che il 25enne picchiava abitualmente non solo il figlio ma anche la moglie. Nato a Firenze, ma di origini croate, Hrustic "fin dall'inizio della loro relazione ingiuriava e percuoteva, il più delle volte alla presenza dei figli minori, la convivente, colpendola con schiaffi, pugni e calci, a volte utilizzando una cintura, in altre occasioni servendosi del bastone di una scopa o di grossi fili elettrici – scrivevano gli inquirenti nell'avviso di conclusione delle indagini – inoltre dal mese di aprile 2019 minacciava di uccidere lei e la sua intera famiglia laddove si fosse allontanata da casa o lo avesse denunciato".
Hrustic insofferente al figlio: botte e ingiurie a Mehmed
Il 25enne inoltre le impediva di uscire di casa e spesso le sottraeva il cellulare. Poi la lunga descrizione dell'insofferenza dell'uomo nei confronti del figlio piccolo: "Lo ingiuriava ripetutamente con l'epiteto di scemo, lo percuoteva senza alcun motivo e lo colpiva con calci e pugni, lo morsicava e gli provocava bruciature di sigarette su diverse parti del corpo e ancora, pochi giorni prima del decesso del bambino, egli stesso gli provocava, con una fiamma viva di dimensioni ridotte (verosimilmente un accendino) vastissime ustioni sulle piante dei due piedi", la conclusione delle lunghe indagini della Mobile che hanno portato l'uomo a processo.