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Milano, l’arcivescovo Delpini: “Troppi i morti in Lombardia”

L’arcivescovo di Milano Mario Delpini in una lunga intervista rilasciata a La Repubblica ha commentato questa pandemia e i lunghi mesi di emergenza e lockdown affrontati dalla sua città: “Non so perché qui ci siano stati questi numeri impressionanti – ha spiegato – bisognerebbe ricostruire tutta la storia, per capire il senso dei provvedimenti presi e le linee di diffusione del virus”. E poi un pensiero ai nuovi poveri e ai cosiddetti tradizionali: “Bisognerà stare loro accanto e coinvolgerli in modo diretto nella costruzione del bene della società. Meno assistenzialismo, più lavoro”.
A cura di Chiara Ammendola
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Anche l'arcivescovo di Milano Mario Enrico Delpini mette l'accento sui morti da coronavirus in Lombardia che definisce "troppi": intervistato da Repubblica parla di un prezzo altissimo pagato non solo dalla città ma da tutta la regione. "Non so perché qui ci siano stati questi numeri impressionanti – spiega Delpini – bisognerebbe ricostruire tutta la storia, per capire il senso dei provvedimenti presi e le linee di diffusione del virus".

Nessuna caccia al colpevole, basta con i toni aggressivi

E in merito alla ripresa delle celebrazioni liturgiche insieme con i fedeli e alle misure precauzionali dopo il lockdown spiega che "somigliano a una riabilitazione dopo un trauma". Bisogna "imparare di nuovo tutto". Delpini continua spiegando poi che questa è "una situazione che ci deve ispirare pietà per i tanti morti e gratitudine per chi ha curato i malati, rischiando la salute sua e della propria famiglia. Però non mi piace la caccia al colpevole, i toni aggressivi di chi si sente vittima e cerca un responsabile. Ci vorrà tempo per capire davvero che cosa è successo".

Meno assistenzialismo, più lavoro

Mario Delpini ha fatto della modestia e della prudenza la cifra del suo mandato pastorale. In questo momento di crisi economica, "penso si debba contare sulla famiglia e sulla generatività. E poi, siamo famosi per la creatività, la laboriosità, per il made in Italy. Sento parlare di ingenti aiuti internazionali, bene: ci sono le condizioni per far ripartire le imprese". Anche se teme "che i poveri tradizionali non ne beneficeranno – conclude – bisognerà stare loro accanto e coinvolgerli in modo diretto nella costruzione del bene della società. Meno assistenzialismo, più lavoro".

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