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Milano, infiltrazioni mafiose negli alberghi: in manette consulente finanziario e ‘ndranghetista

Quattro arresti tra cui un esponente di un’importante famiglia ‘ndranghetista di Desio e un consulente finanziario. Questo il bilancio dell’operazione “The Shock”, condotta dalla polizia postale di Milano, che ha scoperto non solo l’infiltrazione mafiosa nel mondo del settore turistico alberghiero, ma ha comprovato gli interessi della ‘ndrangheta nel cybercrime, scoperti in un’operazione conclusasi nel 2018.
A cura di Filippo M. Capra
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La polizia di Stato di Milano, al termine dell'operazione denominata "The Shock", ha dato esecuzione a quattro misure cautelari personali, oltre che al sequestro di quote societarie per l'ipotesi di estorsione aggravata dal metodo mafioso ed usura. Tra coloro finiti in manette, c'è – fa sapere la polizia – "un professionista nel settore dell'intermediazione finanziaria", che collaborava col principale indagato dell'operazione, oltre che ad essere legato ad una delle famiglie di ‘ndrangheta più note della Brianza, essendo figlio e cugino dei capi di Desio.

I malavitosi si erano impossessati di un importante hotel ligure

Grazie all'operazione, la polizia ha scoperto l'infiltrazione mafiosa nel settore del turismo alberghiero. Secondo quanto ricostruito, le famiglie della ‘ndrangheta hanno deciso di appropriarsi di realtà in crisi con l'utilizzo di iniezioni di liquidità e intimidazioni. Ma non solo, perché l'attività investigativa ha portato alla luce il legame tra gli esponenti della criminalità organizzata e i professionisti del settore. In questo caso, era un consulente finanziario a segnalare agli ‘ndranghetisti le potenziali vittime pianificando le operazioni finanziarie. Con tale metodo, i malavitosi sono riusciti ad appropriarsi di un importante albergo in Liguria. Il gip ha disposto il sequestro anche di queste quote.

La mafia interessata al cybercrime

L'operazione "The Shock" è la prosecuzione di un'altra indagine internazionale che si è conclusa nel 2018. Allora, vennero arrestati 21 soggetti, tra l'Italia e la Romania, e altri 14 furono indagati, per associazione a delinquere transnazionale, frode informatica e accesso abusivo a sistema informatico e riciclaggio di proventi di massive campagne di phishing. Da qui gli investigatori iniziarono a sospettare della presenza mafiosa all'interno del cybercrime. I profitti ricavati, venivano riciclati mediante ordinarie metodologie tipiche mafiose. La polizia di Stato ha quindi ribadito con forza l'invito a tutti gli imprenditori a denunciare qualsiasi forma di minaccia o avvicinamenti da personaggi sospetti che dispongono di grandi cifre di denaro da investire nell'immediato.

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