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Milano con gli occhi di don Mazzi: “È diventata superficiale, sta perdendo i ragazzi”

Don Antonio Mazzi si avvicina ai 90 anni e guarda a Milano con gli occhi di chi l’ha vista cambiare e non si lascia incantare facilmente. Intervistato da Fanpage.it, il fondatore di Exodus racconta il suo rapporto con la città dove è arrivato nel 1979, i timori e le speranze che nutre verso le nuove generazioni e rivela che l’ignoranza lo spaventa più di ogni altra cosa. Tanti i temi affrontati: dalla lotta alla droga alla battaglia dei giovani per il clima.
A cura di Simone Gorla
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"Ho vissuto la Milano della droga, del terrorismo e dei conflitti sociali. Oggi vedo una città che ha preso coscienza di sé, ma è anche diventata superficiale. È contenta di sé, si sente meglio degli altri e si accontenta di essere una città che funziona. Ma deve stare attenta. Se si approfondisce un po', dietro la facciata c'è molto altro". Don Antonio Mazzi si avvicina ai 90 anni e guarda alla sua città con la consapevolezza di chi l'ha vista cambiare e non si lascia incantare. Intervistato da Fanpage.it, il fondatore di Exodus racconta il suo rapporto con Milano, i timori e le speranze per i ragazzi di oggi e rivela quello che gli fa più paura: l'ignoranza. Don Mazzi si prepara a celebrare un compleanno importante, il prossimo 30 novembre. Intanto è stato festeggiato con una messa alla basilica di Sant'Ambrogio alla presenza del sindaco Giuseppe Sala. E proprio Palazzo Marino gli ha fatto un regalo gradito, trovando una soluzione per salvare la storica sede di Exodus al Parco Lambro, la cascina Molino Torrette a rischio sfratto per colpa delle inondazioni di una roggia che le scorre propio accanto.

Don Antonio Mazzi festeggia i 90 anni e ne fa quaranta a Milano. Che percorso è stato?

Sono arrivato a Milano nel 1979 quando la città era in un momento particolare. C'erano le emergenze del terrorismo e della droga, la tensione dei movimenti studenteschi. Era una città disorientata e presa d'assalto. Uscire di sera poteva essere pericoloso, si viveva quasi uno stato di guerra con forti pressioni sociali che erano disastrose. Sono arrivato al Parco Lambro perché mi avevano chiesto di mettere mano a una situazione difficile (all'epoca la zona era frequentata da spacciatori e tossicodipendenti, un po' come oggi il bosco di Rogoredo ndr). Io sono un po' balordo e amo le cose impossibili quindi ho accettato, più per curiosità che per l'ambizione di cambiare Milano.

Eppure la città poi è cambiata. In quale direzione sta andando?

Dopo quarant'anni ne abbiamo passate tante, abbiamo superato il problema del Parco Lambro, accolto in comunità migliaia di ragazzi, lavorato con i terroristi che scontavano la pena, fatto interventi nelle scuole con gli studenti e molto altro. Ho visto la Milano in allarme e oggi vedo una città che ha preso coscienza di sé, ma deve stare attenta. Io credo che Milano sia diventata superficiale. Ha capito e affrontato molti problemi, ha tirato fuori il meglio di sé, oggi parliamo di aumento dei turisti, di nuovo stadio, si fa qualche tentativo sul tema delle periferie (affronta ancora seriamente, ma almeno se ne parla spesso). Vedo una Milano contenta di sé, che si sente meglio degli altri e si accontenta di essere una città che funziona. Ma se si approfondisce un po', dietro la facciata c'è molto altro.

Quali sono le preoccupazioni di oggi?

Stiamo perdendo i ragazzi. E non per la droga, ma piuttosto perché non hanno riferimenti. Gli abbiamo rubato i sogni, crescono e se ne vanno altrove. Oggi sono più preoccupato dai ragazzi del centro, i figli della media borghesia. Le nuove sostanze li colpiscono di più. Quando parliamo di ritorno dell'eroina, spesso si tratta di ragazzi che vanno a Rogoredo perché hanno provato tutto e arrivano ad aggiungere quest'ultima curiosità, un capriccio in più. “Volevo provare le droghe dei poveri”: me lo ha detto un ragazzino di 14 anni.

È più difficile affrontare la droga nel 2019 rispetto a quarant'anni fa?

Oggi è tutto molto più veloce. Allora se liberavi il Parco Lambro dalla droga, ci voleva tempo prima che si creasse un nuovo centro di spaccio. Ora vediamo che dalla sera alla mattina da Rogoredo si spostano a San Donato. Il problema non è questo o quel bosco, ma la velocità e la facilità con cui la droga circola. Per questo bisogna lavorare sulla scuola e sull'educazione, che sono il centro di tutto. La scuola media va cambiata completamente, bisogna lavorare sui ragazzi tra i 10 e i 14 anni, preparare gli insegnanti in un altro modo. Se non si prende il problema da lontano aiutandoli a trovare una coscienza di sé, non si va da nessuna parte.

Decine di migliaia di ragazzi si stanno mobilitando in tutto il mondo per difendere l'ambiente. C'è un risveglio degli adolescenti?

Per fortuna! Credo che ancora una volta saranno i figli a salvare i padri. Nella storia ci sono sempre stati periodi in cui i padri salvano i figli, come in guerra, ed epoche in cui accade il contrario. Questa è la nostra speranza. È ora di fare anche una lettura positiva dei giovani, riconoscere le loro qualità. E non è questione che siano tanti o pochi. Se una ragazza di 16 anni va a parlare all'Onu è un bel segnale. Sarà il secolo dei figli che salvano i padri.

Cosa pensa degli insulti che la cantante Emma Marrone ha ricevuto sui social dopo aver annunciato di essere malata?

Quando ho visto questa cosa non ci potevo credere, mi veniva da svenire. È la dimostrazione dell'ignoranza e della mancanza di coscienza sociale del popolo italiano. Questo è il problema. Manca il rispetto per l'altro. Come non è possibile che una larga parte degli italiani voglia far morire crepare la gente nel Mediterraneo senza un motivo, così insulta chi sta poco bene. In generale, se ne fregano degli altri. Io credo che queste persone siano più ignoranti che cattive e questo è un problema. Sono contento di lavorare con il “cattivo”, con l'assassino o il criminale, perché ci si può fare un percorso. Ma con l'ignorante cosa fai? Non puoi ragionarci. Questo mi preoccupa molto. Bisogna avere il coraggio di ammettere che c'è una condotta asociale degli italiani. Non solo della povera gente, anche ricchi e professionisti.

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