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Mamme rom borseggiatrici seriali, il tribunale: “In carcere fino al 2018”

Quattro donne rom, di età compresa tra i 21 e i 41 anni, sono state condannate dal tribunale di Milano a tre anni di carcere per furto. Si tratta di una sentenza a suo modo storica: le quattro, infatti, borseggiatrici di professione, finora non erano mai andate in carcere perché incinte o madri di figli piccoli.
A cura di F.L.
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Erano state arrestate l'ultima volta lo scorso 23 luglio, dopo l'ultimo dei loro colpi: un portafoglio con oltre 100 sterline sfilato a una turista di Hong Kong. Ma per loro, quattro donne rom (due italiane, una croata e una bosniaca), fino ad adesso gli arresti erano stati sempre senza conseguenze: quasi una formalità dopo i numerosi furti messi a segno, visto che a causa della loro prole numerosa e in tenera età o del fatto che alcune di loro fossero incinte, il tribunale puntualmente sospendeva le loro pene e le rimetteva in libertà, pronte a delinquere nuovamente.

Adesso però il vento sembra essere cambiato. Come riporta il Corriere della sera, infatti, lo scorso 24 luglio una sentenza a suo modo storica del tribunale di Milano ha disposto che le quattro, due 21enni, una 22enne e una 41enne, debbano restare in carcere a scontare la loro pena fino al 22 luglio del 2018. A nulla è servito che tre di loro fossero incinte, anzi. Il tribunale ha infatti riconosciuto come i bambini piccoli siano anch'essi vittime del modus operandi criminale delle donne, a loro volta spesso sfruttate dai rispettivi fidanzati o mariti. Per questo il giudice ha disposto la trasmissione degli atti al tribunale per i minorenni per valutare l'affidamento dei bambini a strutture idonee e l'eventuale revoca della podestà genitoriale.

Le mamme rom erano note come la "banda del passeggino"

Le quattro, insieme a un'altra complice, erano state immortalate dalle telecamere della stazione Centrale a Milano lo scorso giugno: erano note come la "banda del passeggino", e il giudice aveva disposto per le cinque donne, che insieme avevano accumulato circa 300 precedenti specifici per furti, il divieto di dimora nelle città italiane con metropolitana, visto che le stesse donne avevano ammesso di "colpire" in quel luogo. Un divieto che però, come tutte le altre condanne inflitte, non è stato evidentemente rispettato. Adesso per le cinque si aprono le porte del carcere: chissà che la sentenza non serva davvero a segnare un cambio di rotta nella lotta alla microcriminalità.

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