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Malpensa, più di 180 clochard in condizioni estreme. Il cardinale Scola: “Bisogna aiutarli”

Il cardinale Angelo Scola, in visita all’aeroporto di Malpensa, ha constatato con i suoi occhi le drammatiche condizioni degli oltre 180 clochard che ormai da tempo vivono accampati tra il terminal 1 e il terminal 2 dello scalo.
A cura di Federica Gullace
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Più di 180 clochard fra i corridoi dell’aeroporto di Malpensa, accampati con i loro sacchi a pelo o spesso solo con qualche pezzo di cartone e coperte, il giusto necessario per ripararsi dal freddo. Vivono lì da mesi, inosservati, senza che nessuno li consideri più di tanto: d’altronde i viaggiatori hanno altro a cui pensare. È stata questa la drammatica scoperta del cardinale Angelo Scola, che in visita a Malpensa, sotto la guida del cappellano don Ruggero Camagni, ha poi così commentato, invitando i milanesi a dare una mano: “Ho visitato le viscere di questo scalo, un luogo emblematico, dove c’è tutta la bellezza e la complessità di questo mondo contemporaneo. La tentazione dell’uomo postmoderno è individualismo, accorgersi dell’altro solo quando l’altro mi urta. Tendiamo a chiuderci di fronte ai cambiamenti. Per aiutare chi è esposto alla prova, tutti possono cominciare a fare qualcosa, non solo delegando alla Caritas ma anche giocandosi in prima persona, come hanno fatto al Policlinico, dove monteranno le tende per accogliere i clochard”.

Sono tantissimi infatti i senzatetto che vivono tra il terminal 1 e il terminal 2: come racconta Repubblica, la maggior parte di loro sono conosciuti da tutto il personale addetto alla pulizia o alla sicurezza, come Emilietta, nata nel 1939 a Padova, in aeroporto da ormai 16 anni, che sogna la libertà, la giustizia e le Mauritius, e che qualcuno un giorno le “salvi” la vita. Accanto a lei un uomo alto, folta barba bianca in elegante completo grigio, che racconta: “Non è che io sto qui perché non so dove andare o perché non ho parenti. Io sto qui perché cerco un senso alle cose, sono un filologo, vado nel profondo dei problemi, anche se qualcuno mi vorrebbe ingabbiare, o magari farmi la carità pelosa, ma io non sono uno che si fa fregare, chi mi vuole conoscere deve fermarsi almeno un paio d’ore a parlare con me, se vuole fare le cose seriamente. Altrimenti, al diavolo”. Ma vicino a loro c’è anche un numeroso gruppo di immigrati, provenienti soprattutto dalla Romania, o, più in generale, dall’Est Europa. Tra i tanti, molti riescono anche a guadagnare il necessario per sopravvivere: come Vasjli, in aeroporto da quattro anni, ma che in realtà vive lì solo per qualche giorno a settimana: “In realtà ci sto solo quattro o cinque giorni alla settimana poi quando riesco a mettere assieme i soldi per pagare l’affitto, me ne vado a casa, mica sono matto che mi piace vivere come un profugo. Noi qui guadagniamo: un euro per ogni carrello di bagagli portato dal taxi fino al check-in. A volte faccio anche 40 euro al giorno".

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