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Lo sfogo amaro dei medici del San Matteo di Pavia: “Ci chiamavano eroi, adesso ci denunciano”

Da eroi a bersagli di richiami, esposti e denunce. Questo l’amaro epilogo della parabola di diciannove medici del pronto soccorso del San Matteo di Pavia che, in una lettera aperta pubblicata da La Provincia Pavese, hanno sfogato il loro sentimento di disarmo e tristezza dopo i sacrifici messi in campo durante l’emergenza Coronavirus.
A cura di Filippo M. Capra
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I medici dell'ospedale San Matteo di Pavia in un'immagine di repertorio (LaPresse)
I medici dell'ospedale San Matteo di Pavia in un'immagine di repertorio (LaPresse)
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Solo pochi mesi fa erano considerati degli eroi. Ora, invece, sono bersagliati da richiami, denunce, esposti in procura. Questo il tragico epilogo della parabola di diciannove medici del pronto soccorso del San Matteo di Pavia, il Policlinico che ha dato il via alla plasmaterapia che ha salvato decine di vite dall'infezione del Covid, oltre che nosocomio in prima linea per aiutare tutti coloro i quali erano rimasti infetti nel periodo più drammatico dell'emergenza sanitaria.

I medici: Ci chiamavano eroi senza esserlo, ora ci fanno esposti in procura

Per questo, con una lettera inviata a La Provincia Pavese, hanno dato sfogo alla loro frustrazione. "Abbiamo sperimentato la paura, la tristezza, la desolazione, l’impotenza, siamo stati chiamati eroi – scrivono -. Oggi riceviamo richiami, segnalazioni, esposti in Procura. Se quello che abbiamo vissuto ci è sembrato un incubo, questo epilogo lo è ancora di più", si legge nella lettera aperta dove i medici hanno trasmesso la loro amarezza per quanto sta succedendo. E, benché non si siano mai ritenuti dei veri e propri eroi, perché questi, di solito, "scoprono di avere di superpoteri", rivelano di avere "solo tante fragilità", come la "paura di essere inadeguati, di non farcela, di crollare. C’è stato chi si è ammalato e si è isolato, chi è rimasto in piedi. Abbiamo cercato comunque di curare per come meglio potevamo".

La denuncia: Il clima in cui lavoriamo è umiliante

Un sacrificio che è stato valorizzato solo nel pieno dell'emergenza, quando l'ultima speranza era riposta nelle loro abilità, che nel frattempo vivevano con sgomento la situazione al pari dei cittadini comuni. Ora, invece, pare che molti abbiano già dimenticato. Il clima in cui si trovano a lavorare è "umiliante, demotivante e frustrante". "Mentre tutti avevano paura del mostro che avanzava e avrebbe potuto colpire ciascuno di noi, ecco che noi medici di Pronto soccorso ci siamo trovati improvvisamente a dover indossare doppie vesti. Quella di esseri umani, spaventati come tutti, e quella di professionisti ‘dedicati all’umano’ a cui veniva chiesto di essere presenti", continua lo scritto pubblicato su La Provincia Pavese.

Il responsabile del pronto soccorso: Ripartiamo dalla solidarietà

A commento della lettera firmata dai medici del pronto soccorso del San Matteo, e condivisa da tutto il corpo medico e infermieristico del Policlinico, il responsabile del centro di primo intervento Stefano Perlini dice a Repubblica che lo scritto "sottolinea un grande desiderio di ripartire da ciò che abbiamo imparato nelle fasi più critiche dell’emergenza sanitaria e da quanto di positivo siamo riusciti a trovare in quell’ondata che ha investito tutti i sistemi sanitari del mondo. A cominciare dalla solidarietà dei cittadini, che in quelle settimane abbiamo avvertito come mai prima, a tutti i livelli, e ci ha dato forza e motivazione".

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