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Covid 19

L’avvocato dei lavoratori dell’Istituto Don Gnocchi: “Rsa non li ha tutelati, sapeva dei contagi”

I legali che assistono i dipendenti e il familiare di un’anziana morta il 20 marzo all’interno della casa di riposo Don Gnocchi a Milano hanno fatto sapere attraverso una nota che i responsabili sapevano della presenza del Covid-19 all’interno della Rsa: “Il 30% dei decessi è superiore alla media nazionale – si legge nella nota firmata da Romolo Reboa – significa che è altamente probabile una falla del sistema di prevenzione delle Infezioni Ospedaliere”. La replica della Fondazione: “Dall’avvocato Reboa dichiarazioni false e gravissime, sarà chiamato a risponderne”.
A cura di Chiara Ammendola
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"I lavoratori e i familiari delle vittime rappresentati dal mio studio osservano" che, malgrado la Fondazione, l'8 marzo del 2020, fosse già a conoscenza della "gravità della situazione", non ha messo in atto nulla "a tutela di medici, infermieri, operatori sanitari e pazienti, sicché, al solo quarto piano della palazzina Generosa, quasi tutti gli operatori sanitari sono stati colpiti da Covid-19 e ben 24 degenti su 77 sono deceduti", così gli avvocati Romolo Reboa, Massimo Reboa e Gabriele Germano che assistono i dipendenti dell’Istituto Palazzolo – Fondazione Don Carlo Gnocchi, a Milano, e il familiare di un’anziana morta il 20 marzo all’interno della struttura.

Il 30% dei decessi è superiore alla media nazionale: probabile falla del sistema di prevenzione

Romolo Reboa, in una nota, ha inoltre spiegato che "su un profilo pubblico di Instagram è presente questa lettera del dottor Paolo Banfi, responsabile Clinico dell'U.O. di Riabilitazione Pneumologica della Fondazione Don Gnocchi, dell'8 Marzo 2020 che dimostra come la struttura fosse a piena conoscenza della epidemia di Covid-19". Il testo si conclude così: "Il 30% dei decessi è un dato di gran lunga superiore alla media nazionale, il che significa che è altamente probabile che la causa sia una falla del sistema di prevenzione delle I.O. (Infezioni Ospedaliere)".

Coronavirus, la denuncia di 18 operatori dell'Istituto Don Gnocchi

La denuncia dei lavoratori della Rsa è stata depositata nella mattinata di lunedì 23 marzo. "Quella che segnaliamo è una situazione gravissima. È stata messa a rischio la salute non solo dei dipendenti, ma anche delle loro famiglie, dei degenti e di tutti quelli che li hanno incontrati", ha spiegato a Fanpage.it l'avvocato Romolo Reboa, che assiste i diciotto lavoratori insieme ai colleghi Gabriele Germano e Massimo Reboa. "Sin dall'inizio non sono state adottare misure di prevenzione – ha sottolineato il legale -. Non solo, gli operatori si erano portati le mascherine da casa e gli è stato impedito di indossarle per non spaventare i pazienti".

L'Istituto: dall'avvocato Reboa dichiarazioni false e gravissime

Di seguito la replica della Fondazione Don Gnocchi:

Leggiamo con stupore le affermazioni false e gravissime rilasciate dall’avvocato Romolo Reboa, di cui sarà chiamato a rispondere personalmente in tutte le sedi competenti. Fondazione ha già depositato alla Procura della Repubblica di Milano una memoria difensiva nel procedimento originato dalla denuncia di 18 denuncianti Ampast, assistiti dall’avv. Reboa, chiarendo, con ampia produzione documentale, la propria posizione e dimostrando l’infondatezza delle accuse. Nella denuncia dell’avvocato, incredibilmente, viene confuso un modello di informativa predisposto dal medico competente dell’Istituto Palazzolo nell’eventualità che qualche operatore venisse contagiato, informativa poi illustrata in una riunione del 13 di marzo, con un referto epidemiologico del 10 di marzo. Presso l’Istituto Palazzolo, invece, non appena si è avuta conferma del primo caso di positività, il 14 marzo, sono state avviate le procedure di isolamento, di mappatura e di tampone sui contatti esposti al rischio di contagio, secondo quanto definito dalle Autorità.

Ora, di nuovo, incredibilmente, l’avv. Reboa confonde la situazione dell’Istituto Palazzolo, in via Palazzolo 26 a Milano, con quella dell’Istituto IRCCS Santa Maria Nascente, sempre a Milano, ma in via Capecelatro, 66, presso il quale il dotto Paolo Banfi è il responsabile dell’Unità Operativa di riabilitazione pneumologica.

Peraltro il documento richiamato dall’avv. Reboa era esclusivamente finalizzato alla raccolta di fondi per dotare il reparto di pneumologia dell’Istituto Santa Maria Nascente degli strumenti necessari (tipo ventilatori) ad ospitare pazienti COVID provenienti da altre strutture ospedaliere (non di Fondazione) nella seconda parte della malattia: non vi è pertanto nel documento alcuna ammissione implicita di consapevolezza della presenza di casi Covid presso i centri di Fondazione. Ora, riservati ulteriori chiarimenti di dettaglio nelle sedi competenti, Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus, nonostante lo spirito di tolleranza cristiana che la muove, non è più nella condizione, in primo luogo a tutela dei propri degenti e dei propri dipendenti, di tollerare ricostruzioni fantasiose e basate su notizie non verificate, motivo per cui si riserva di agire nei confronti di tutti coloro che le recepiranno senza alcun approfondimento e vaglio critico dei fatti.

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