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La modella rapita a Milano: “Le mani sul collo e l’iniezione. Mi sono svegliata nel baule”

I dubbi sulla vicenda della ragazza inglese attirata in un finto set, sequestrata e poi messa all’asta in rete. Finora è stato arrestato solo un trentenne polacco ma secondo la vittima i sequestratori erano almeno cinque.
A cura di Susanna Picone
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È una storia con ancora molti aspetti da chiarire quella della modella inglese di venti anni attratta con un'offerta di un servizio fotografico a Milano, drogata e rapita dall'11 al 17 luglio. Finora è stato arrestato quello che sarebbe stato il suo sequestratore, un polacco di trenta anni residente in Gran Bretagna dal profilo caratteriale del mitomane che si chiama Lukasz Pawel Herba. Non ci sono molte tracce nel recente passato di quest’uomo anche perché ha usato documenti falsi. Viene definito dalla squadra mobile di Milano una persona “pericolosa con tracce di mitomania” e in Inghilterra ha lavorato saltuariamente per conto di un'agenzia di lavoro. Agli agenti si è presentato come membro della “Black Death”, un'organizzazione sulla cui reale esistenza ci sono forti dubbi.

La ricostruzione del rapimento della modella inglese

Il trentenne Lukasz Pawel Herba avrebbe attirato la modella per un finto casting in un altrettanto finto set fotografico vicino alla stazione centrale di Milano. Lì – l'11 luglio – l'avrebbe drogata e addormentata, spogliata e ammanettata mani e piedi. Poi l'avrebbe piegata fino a farla entrare in un borsone da viaggio e infilata in una bagagliaio di una station wagon blu. Quindi il lungo viaggio fino a Leime, in Piemonte. Qui il polacco avrebbe iniziato a spedire mail criptate nel “deep web”. Aveva annunciato che sarebbe stata venduta all'asta su base di 300mila dollari ma l’ha poi liberata quando avrebbe capito che i soldi del riscatto non sarebbero mai arrivati: a quel punto si è presentato con lei al consolato britannico dove ad attenderli c'erano gli uomini della polizia che lo hanno arrestato.

Il racconto della modella inglese drogata e messa in vendita

Il trentenne polacco non sarebbe stato l’unico sequestratore. La stessa modella ne avrebbe percepiti cinque anche se ne ha visti solo due. È il Corriere della Sera a riportare le parole della giovane donna. “Una persona con i guanti neri da dietro mi ha messo una mano sul collo e una sulla bocca”, mentre “una seconda persona con un passamontagna nero mi ha fatto un’iniezione nel braccio destro”. “Credo di aver perso conoscenza perché, quando mi sono ripresa, avevo indosso unicamente il body rosa in ciniglia e i calzini che indosso ora, e ho capito di trovarmi nel baule di un’auto, legati polsi e caviglie, sulla bocca nastro adesivo, messa in un sacco che solo per un piccolo spiraglio mi consentiva di respirare”, continua il suo racconto. Ai poliziotti della Squadra Mobile e dello Sco, coordinati dai pm Ilda Boccassini e Paolo Storari, e al suo avvocato Francesco Pesce, la modella avrebbe quindi raccontato di aver percepito cinque sequestratori nei vari giorni, ma di averne visti solo due, a partire dal viaggio di quasi tre ore nel bagagliaio di una station wagon verso Lemie. Durante il viaggio si sarebbero fermati tre volte ogni circa 45 minuti “a causa dei miei continui lamenti e movimenti nel sacco”, con uno degli incappucciati che da una bottiglia le buttava “acqua gasata direttamente nella bocca”. Poi nel casolare in Piemonte la donna sarebbe stata legata mani e piedi a una cassettiera. Proprio qui inizia la parte meno chiara della vicenda. “Dopo qualche minuto è risalito nella camera un uomo a viso scoperto e mi ha detto in inglese che nel frattempo al telefono il loro capo era furioso in quanto loro avevano preso la persona sbagliata. Io non dovevo essere presa perché il capo aveva visto sul mio profilo Instagram alcune foto da cui era evidente che io sono una mamma con un bambino piccolo, e questo era contro le regole dell’organizzazione che sul deep web tratta a pagamento una serie di crimini, dalla droga agli omicidi". A quel punto le sarebbe stato spiegato che le foto già pubblicate certificavano il fatto che fosse nelle mani dell’organizzazione e già alcuni utenti avevano espresso interesse per la sua vendita. “Preciso che MD (così si faceva chiamare il sequestratore) non mi ha mai molestato sessualmente perché l’organizzazione punisce severamente i suoi membri che toccano le ragazze destinate alla vendita all’asta. MD mi ha chiesto di fornirgli tre nomi di persone abbienti da me conosciute in grado di fornire 50.000 euro entro un mese dal rilascio, cosa che io ho fatto”, così ancora la donna. Alla modella l’arrestato avrebbe detto che tutte le ragazze sono destinate ai Paesi arabi, che quando l’acquirente si è stancato la può regalare ad altre persone, e che quando non è più di interesse viene data “in pasto alle tigri”.

La versione del polacco arrestato per il sequestro della modella

“Mi è stata diagnosticata la leucemia e tre rumeni di Birmingham, di cui non so il nome, mi hanno affidato 500.000 sterline (so dove li custodisco ma non lo voglio dire) per affittare locali commerciali a Monaco, Parigi, Berlino, Marsiglia e Milano”, ma poi quando avrebbe visto che a Milano avevano rapito una ragazza e l’avevano messa all’asta “l’ho liberata perché non sono d’accordo con queste cose”. E ancora: “Le mail del riscatto partire dal mio computer? Le ho scritte io ma obbligato dai romeni”. Con queste parole Pavel Lukas Herba avrebbe tentato di difendersi finora rispondendo alle domande dei poliziotti.

La modella era davvero nelle mani di Black Death?

È difficile capire se questa sia stata l'opera di un maniaco mitomane o se davvero ci sono collegamenti con quel mondo che si agita nel “deep web” chiamato “Black Death”. Per la procura di Milano ciò che è certo è che “non si può ricondurre tutto alla mitomania”, perché un crimine grave “è stato compiuto”. Per il sostituto procuratore della Dda di Milano, Paolo Storari, Pawel è una persona pericolosa disponibile a “soluzioni finali”. Il sequestratore “ha raccontato una storia fantasiosa e ha fornito una versione poco credibile. Ovviamente non nega che stava con lei”, ha spiegato Storari.

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