L’archistar Chipperfield contro Milano: “Museo degli orrori, non lo firmo”
"È un museo degli orrori". Non si placa la controversia tra l’archistar David Chipperfield e l'amministrazione meneghina per le modifiche apportate all'originario progetto del Museo delle Culture a Milano. Dopo aver rinnegato l'opera e rifiutato di attribuirsene la paternità l'architetto britannico ora si appella ai milanesi perché si ribellino. "Richiedete che il pavimento venga sistemato". È proprio sulla posa di cinquemila metri quadri di pietra lavica dall’effetto patchwork per il pavimento della struttura ad aver suscitato l'ira di Chipperfield, che ha tuonato contro la qualità scadente del materiale utilizzato. "Non siamo interessati ad una polemica personale con l’architetto Chipperfield" hanno fatto sapere dall'Amministrazione che sulla scelta dei materiali si difende: "Le campionature e le visite presso la cava fornitrice del materiale sono state condotte da personale dell’ufficio di “David Chipperfield Architects”, che hanno validato la scelta del materiale utilizzato».
Tutto in regola secondo il Comune, ma la polemica è tutt'altro che spenta e lo studio Chipperfield si affida agli avvocati diffidando formalmente il Comune dall’aprire il Museo e dall’associarlo al suo nome. Dopo un lungo match con il Comune prova a limare: il Museo aprirà, non sarà intitolato a Chipperfield esi chiamerà Museo delle Culture. Alla fine ci saranno anche, come chiesto e sollecitato da Chipperfeld, i lavori di ristrutturazione del pavimento, ma alla non prima della fine del ciclo di mostre e non per mano dei tecnici dello studio dell'archistar, che si era detto disposto anche "a rinunciare a 150mila euro di parcella dovuta dal Comune" purché potesse gestire attraverso il proprio studio i lavori. Ma non si può sfuggire a gare e appalti e il Comune non ci sta. "È uno spazio che i milanesi attendono da ben 12 anni, costato 60 milioni, di cui 3,6 milioni a Chipperfield per l’opera di progettazione e direzione lavori. Sono cifre di assoluto rilievo per un ente pubblico, adeguate alla bellezza del progetto, ma che – sottolineano dal Comune – impongono scelte da assumere con buon senso e nell’esclusivo interesse della collettività»,