Ivan, il poeta dei murales, finisce in tribunale: “Io non deturpo, le mie vernici si cancellano”
Tra il 2011 e il 2014 i suoi versi sono comparsi su molti muri di Milano e oggi in tribunale è stato chiamato a rispondere delle sue opere. Ivan Tresoldi, poeta di strada si definisce, è stato accusato di imbrattamento, ma questa mattina davanti al giudice Roberto Castelli si è difeso: "Io non deturpo lo spazio pubblico, le mie vernici sono ad acqua e le opere si cancellano col tempo".
I suoi lavori, circa venti e realizzati in diversi quartieri di Milano, sono brevi poesie, quasi tutte di una strofa sola: "Ci sono vite che capitano e vite da capitano", o anche "Scriviamo un futuro semplice per un passato imperfetto" e "Una pagina bianca è una poesia nascosta". Frasi che gli sono costate una richiesta di rinvio a giudizio da parte del Elio Ramondini che stata accettata dal giudice. Tutto nasce per una scritta realizzata davanti alla Biblioteca Bicocca che ha portato alla denuncia di Tresoldi. "Agisco sempre dopo avere condiviso le sue intenzioni con gli abitanti della zona. Non sempre c'è bisogno di un'autorizzazione formale per effettuare certi interventi basta quella verbale, ma conclamata, dei cittadini", si è difeso in aula. La prossima udienza è prevista per il 4 giugno.