Fatima, la prima foreign fighter italiana. Per i giudici “voleva fortemente compiere un attentato”

"Era fortemente determinata a dare il suo contributo all'attuazione delle azioni terroristiche, ed anzi era desiderosa di compierle in prima persona". Queste le esatte parole delle motivazioni della sentenza con cui Maria Giulia "Fatima" Sergio, la prima foreign fighter italiana, è stata condannata a nove anni di reclusione. Il suo scopo, continuano i giudici, "era contribuire alla crescita ed al rafforzamento dell'Isis anche attraverso l' arruolamento dei familiari" che, in caso non fossero riusciti a raggiungerla, avrebbero dovuto fare "il jihad in Italia".
La donna è stata condannata lo scorso 19 dicembre mentre si trova ancora in stato di latitanza. Abiterebbe da circa due anni in Siria e combatterebbe nell'esercito dell'Isis dopo essersi convertita all'islam, anche se la sorella Marianna, nei giorni scorsi, ha detto che potrebbe anche essere già morta.
La prima Corte d'Assise di Milano ha condannato anche il padre della 29enne a quattro anni e il marito a dieci anni. Secondo quanto si legge nelle novantotto pagine di motivazioni dei giudici Ilio Mannucci Pacini e Ilaria Simi De Burgis, Fatima "non intendeva organizzare semplicemente un viaggio di ‘ricongiungimento familiare', bensì voleva che anche i suoi familiari rispondessero alla chiamata individualizzata al jihad lanciata dai vertici dell'Is, fornendo il proprio contributo personale. La loro unica preoccupazione doveva essere quella di sostenere la crescita dello Stato islamico, come lei stava facendo". Anche i suoi familiari, quindi, dovevano essere "disposti a lasciare tutto per uccidere i miscredenti". "Papà prendi mamma per i capelli e vieni in Siria", la trascrizione di una telefonata della 29enne al padre.