Don Primo Mazzolari, il parroco che evangelizzò mostrando una Chiesa imperfetta
Don Primo Mazzolari fu il parroco dei poveri, che si impegnò nel conflitto mondiale contro il Fascismo e che volle avvicinare i "lontani" descrivendo una Chiesa vicina alla gente, consapevole dei suoi limiti e dei suoi errori. Nacque a Boschetto, una frazione rurale alle porte di Cremona, il 13 gennaio del 1890 da Luigi e Grazia Bolli. Il padre sostenne la famiglia con il compenso degli affitti dei campi. Nel 1899, si trasferirono a Verolanuova, nel bresciano, dove però Primo rimase poco tempo. L'anno successivo entrò nel seminario di Cremona e vi restò fino all'ordinazione sacerdotale, avvenuta il 24 agosto del 1912. Il giovane Mazzolari visse con trepidazione e impegno gli anni della Prima Guerra Mondiale, come interventista democratico. Era sua intenzione avallare l'intervento militare per eliminare il militarismo della Germania e istaurare un nuovo regime democratico e di collaborazione internazionale in Europa.
La guerra, l'impegno verso i poveri e l'attentato fascista
La guerra però portò subito una grave perdita a Primo Mazzolari, con la morte del fratello Peppino, in seguito alla quale chiese di andare al fronte, e nel 1918 fu cappellano militare delle truppe italiane inviate sul fronte francese, dove restò per nove mesi. Tornato in Italia ebbe altri incarichi per il Regio Esercito, tra i quali il delicato compito di recuperare le salme dei caduti nella zona di Tolmino. Tutte le testimonianze raccontano della delicatezza e dell'amore con cui don Mazzolari seguì i suoi soldati. Nel 1920 fu parroco a Bozzolo, in provincia di Mantova, dove cominciò la sua opera in favore dei poveri, il suo grande desiderio era stare in mezzo alla gente. Due anni dopo, nel 1922 fu nominato parroco di Cicognara e lì cominciò la sua estrema opposizione al fascismo. A Cicognara, don Mazzolari maturò la sua missione di parroco della gente, cercando modi sempre nuovi per avvicinare i parrocchiani lontani dalla Chiesa, essendosi fortemente diffuso il socialismo. A tal fine, Don Mazzolari rivalutò le tradizioni popolari, le commemorazioni dei caduti in guerra e le ricorrenze patriottiche, insegnò nella scuola serale ai contadini e istituì la biblioteca parrocchiale. L'avvento del fascismo lo vide fin da subito preoccupato, e non nascose mai la sua opposizione, anche se si manteneva sempre e solo sul piano religioso. Per esempio, nel 1929 distaccandosi dall'atteggiamento di molti preti e vescovi non votò al plebiscito indetto da Mussolini dopo la firma dei Patti Lateranensi. Per questo, fu vittima di un attentato da parte dei fascisti. La notte del primo agosto del 1931 lo chiamarono alla finestra e spararono tre colpi di pistola che fortunatamente non lo colpirono.
Gli scritti, l'evangelizzazione dei "lontani" e la censura
Tornò a Bozzolo nel 1932, dove nel 1949 fondò la pubblicazione Adesso che fu sospesa nel 1951. A Bozzolo don Mazzolari iniziò a scrivere in modo regolare. Nei suoi scritti, emergono le idee del parroco che descriveva una Chiesa, che superava la concezione di un'istituzione intesa come una società perfetta, ma un'entità con le reali debolezze, le inadempienze e i limiti della stessa. Un passaggio a suo parere importante per evangelizzare anche i lontani, e coloro che rifiutavano la fede proprio a causa dei peccati dei cristiani e della Chiesa. Nei suoi testi è inoltre presente l'idea che la società italiana fosse da riformare completamente sia sul piano morale che culturale, dando maggiore spazio alla giustizia, alla solidarietà per i poveri, alla fratellanza. Tali idee gli costarono la censura ecclesiastica e quella fascista. Negli anni della Resistenza Don Primo si impegnò per creare dei contatti tra le frange di una società come quella dell'Italia di quel tempo ormai frammentata. Lui stesso fu arrestato e visse per un periodo in clandestinità. Nel dopoguerra impegnò le sue energie per costruire una società più giusta e libera. In accordo con la Chiesa del suo tempo, credeva che solo il cristianesimo potesse essere il rimedio ai mali del mondo, in cui i cristiani dovevano essere l'esempio e la cura. Don Primo non perse mai di vista, comunque, il compito principale della Chiesa: annunciare il Vangelo.
L'impegno politico e il monito ai parlamentari
Dopo le elezioni del 1948, nelle quali appoggiò la Democrazia Cristiana, don Primo iniziò subito ad ammonire i parlamentari, invitandoli alla coerenza e all'impegno assunti. Uno dei più celebri titoli dei suoi articoli recita: "Deputati e Senatori vi hanno fatto i poveri". L'esperienza diretta lo mise davanti alle continue delusioni di una reale inclinazione al cambiamento e si rese conto presto che era necessario creare un movimento di opinione. Ideò quindi Adesso, un quindicinale che pubblicò dal 15 gennaio del 1949. Nel suo periodico toccò tutti i temi a lui cari: rinnovamento della Chiesa, difesa dei poveri, denuncia delle ingiustizie sociali, il dialogo con i lontani, il comunismo, la promozione della pace nell'epoca della delicata guerra fredda. Il giornale fu sospeso dal Vaticano nel febbraio del 1951, insieme a altri divieti quali proibizione di predicare fuori diocesi senza il consenso dei vescovi interessati, divieto di pubblicare articoli senza preventiva revisione ecclesiastica.
Non rinunciò comunque a rendere pubbliche le sue idee con il linguaggio diretto delle sue opere che continuò a scrivere fino agli anni Cinquanta. Solo negli ultimi anni della sua vita, dopo tante limitazioni da parte della Chiesa cattolica, visse una leggera distensione della stessa. Nel novembre del 1957 dell'arcivescovo di Milano monsignor Montini, il futuro papa Paolo VI, lo invitò a predicare alla Missione di Milano, una celebre di predicazioni e interventi pastorali, definendolo "il parroco d'Italia". Nel febbraio 1959, papa Giovanni XXIII lo ricevette in udienza in Vaticano. Don Primo Mazzolari morì il 12 aprile 1959. A giugno 2017, il vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, ha annunciato la data di inizio del processo di beatificazione di don Mazzolari: sarà il prossimo 18 settembre, esattamente a 25 anni dalla visita di Papa Giovanni Paolo II a Cremona.