Penso di essere una persona positiva. Che non vuol dire ottimista. L'ottimista spera in un futuro migliore, il positivo cerca di trovare il meglio nel presente. Quindi, per non lamentarmi troppo del mio accettabile pendolarismo, i tre quarti d'ora in piedi che mi dividono da Milano sono dedicati in alternativa alla rassegna stampa, a un libro, alla musica, se sono stanca, o, se sono disperata, allo studio per un eventuale esame imminente. Ma anche la positività ha dei limiti: un po' troppo difficile ottimizzare il tempo se si è impegnati in una partita di tetris umano, sport estremo che i pendolari di Trenord (ma non solo, temo) praticano spesso, specie quando qualcuno decide di eliminare carrozze dalle vetture. La sfida raggiunge poi picchi di difficoltà strabilianti quando, in concomitanza con la riduzione delle carrozze, vengono soppresse anche altre corse e i passeggeri si devono accalcare sugli unici treni disponibili.
È accaduto, ancora, un paio di giorni fa, con il treno delle 7,23, un diretto per Milano Porta Garibaldi. Per sedare gli animi dei passeggeri impossibilitati a salire, dagli altoparlanti parte l'annuncio di un treno eccezionale, in arrivo nel giro dei successivi dieci minuti. Speriamo fosse vero, perché l'ultima volta era solo un trucco: nessun treno ulteriore, solo la consueta corsa quotidiana, prevista per mezz'ora dopo, ritardi permettendo.
Per i fortunati accalcati sul treno, tra cui chi scrive, l'arrivo a Milano è quasi puntuale. Il lato positivo è che, almeno, non c'è bisogno di mantenere autonomamente l'equilibrio: agli scambi tra i binari è l'intero gruppo di passeggeri, come un solo corpo, a ondeggiare. Non si cade, insomma, e immagino che anche il rischio di scippi si riduca, vista la difficoltà di raggiungere borse e zaini anche da parte dei legittimi proprietari, incastrati tra ginocchia e spalle altrui. L'unico problema è che qualcuno, immerso in questa calca, si possa sentire male. E allora, per scongiurare l'eventualità, a metà del viaggio l'aria condizionata viene impostata a livelli polari. Qualcuno dovrebbe però spiegare a Trenord che ciò che manca alle sue vetture, nell'ora di punta, non è tanto il freddo, quanto l'ossigeno, lo spazio vitale e, evidentemente, anche il rispetto per i passeggeri.