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Coronavirus, sindaci hinterland di Milano alla Lombardia: “Più tamponi e monitoraggio dei cittadini”

I sindaci della città metropolitana di Milano non sono soddisfatti delle misure messe in campo da Regione Lombardia per arginare la diffusione del Coronavirus sul territorio. Per questo, con una lettera inviata alla regione, 81 primi cittadini dell’hinterland milanese chiedono un “cambio di strategia” per “fare presto” ed evitare che l’epidemia continui a diffondersi.
A cura di Filippo M. Capra
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I sindaci della città metropolitana di Milano non sono soddisfatti delle misure messe in campo da Regione Lombardia per arginare la diffusione del Coronavirus sul territorio. Per questo, con una lettera inviata alla regione, 81 primi cittadini dell'hinterland milanese chiedono un "cambio di strategia" per "fare presto" ed evitare che l'epidemia continui a diffondersi.

I sindaci: Ci sono molti più malati e non sono tracciati

Nella lettera si legge: "Siamo in ritardo, ma siamo ancora in tempo". Ciò che non convince gli 81 sindaci è la mancata sorveglianza dei cittadini positivi al Coronavirus che non sono stati ricoverati in ospedale: "Dal confronto con i medici di base, che hanno il contatto diretto con la popolazione – scrivono i sindaci -, emerge che a loro giudizio l'epidemia è più diffusa di quello che appare dai dati ufficiali". Inoltre, stando a quanto comunicato dai rappresentanti dei cittadini della città metropolitana di Milano, i medici di base suggeriscono che "conseguentemente il numero di malati è sicuramente più alto". Secondo le informazioni che sono riusciti a raccogliere, sostengono infine che "molti sono a casa con sintomi riconducibili al Covid-19 ma, non ricorrendo alle cure ospedaliere, non vengono sottoposti a tampone". Ciò significherebbe quindi che "non sono tracciati e, non essendolo, potrebbero contribuire al diffondersi dell'epidemia".

Gallera: No ai tamponi a tappeto

In merito, si è più volte espresso l'assessore della Lombardia al Welfare Giulio Gallera. Nelle ultime occasioni, Gallera ha parlato di una sorveglianza attiva telemedica secondo cui i medici di famiglia sarebbero, di qui a breve, entrati direttamente in contatto con i loro pazienti per assisterli anche da casa e seguire l'evoluzione del loro quadro clinico da lontano. Gallera ha quindi rifiutato l'ipotesi di fare tamponi a tappeto sulla popolazione delegando i medici di base a decidere chi dei loro pazienti sia candidabile per il test. La decisione è stata motivata con un eventuale e sostanzioso rallentamento della produzione di esiti del test poiché sul territorio lombardo vi sono solamente 22 laboratori in grado di analizzarli. A inizio epidemia, comunque, erano solo tre.

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