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Coronavirus, presidente medici di Brescia: “Non chiamateci eroi, vogliamo lavorare in sicurezza”

“Da questi giorni bui dobbiamo trarre un insegnamento: che il sistema sanitario nazionale è un bene prezioso”. È il messaggio di Ottavio Di Stefano, presidente dell’Ordine dei medici di Brescia, che in un’intervista a Fanpage.it ha raccontato l’impegno e il sacrificio di tutto il personale sanitario. “Non vogliamo essere chiamati eroi, curare tutti e non lasciare indietro nessuno è il nostro lavoro”, ricorda. “Ma devono metterci in condizioni di lavorare in sicurezza. Lo dobbiamo fare per evitare di essere noi diffusori di malattie”.
A cura di Simone Gorla
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"Ora ci chiamano eroi, ma noi abbiamo sempre lavorato così. Nonostante un sistema sanitario per anni sotto-finanziato e privato di sostegno economico, ridotto nei mezzi e nel personale. Nonostante questo siamo riusciti a resistere. E allora quando questi giorni bui saranno finiti, ricordiamoci che il sistema sanitario nazionale è un bene prezioso. Ricordiamoci di questi medici che non si riposano mai, che mettono a rischio le loro vite e quelle delle loro famiglie". Ottavio Di Stefano, presidente dell'Ordine dei medici di Brescia, ha raccontato a Fanpage.it il sacrificio e la fatica dei suoi colleghi che da quasi un mese sono in campo contro il coronavirus. Una lotta ad armi impari, in cui molti dottori sono privi dei dispositivi di sicurezza e mettono a repentaglio la propria salute per aiutare i pazienti.

Che pressione stanno sopportando gli operatori sanitari in queste ore?

In questi giorni di emergenza assoluta, nelle province di Bergamo e Brescia l'impegno di tutto il personale sanitario è stato totale. Ho visto in queste settimane una dedizione commovente da parte medici, pediatri, farmacisti, infermieri, soccorritori, autisti. Di tutti i lavoratori del mondo della salute nelle strutture pubbliche e private.

In queste ore tutti vi chiamano eroi e celebrano il vostro sacrificio

Tutti ora dicono che gli operatori della salute sono eroi. Ecco, io faccio l'esempio di un amico in pensione è tornato a lavorare in ospedale. Non è un eroe, è uno che continua a fare il suo lavoro. Abbiamo sempre lavorato così, abbiamo sempre fatto così, nonostante un sistema sanitario per anni è stato sotto finanziato e privato del sostegno economico, ridotto nei mezzi e nel personale. Nonostante questo siamo riusciti a resistere. Quindi sì, forse se lo meritano il titolo di eroi. Ma noi medici non vogliamo essere chiamati eroi, vogliamo essere gli attori di un patto costituzione e civico alto: la difesa del diritto alla salute universale. Curare tutti e non lasciare indietro nessuno.

Quanto resisteranno gli ospedali? E i medici di famiglia?

Non lo sappiamo. È mancato poco fa un altro medico della nostra provincia, un collega di 69 anni. Molti sono ammalati o sono in quarantena, così gli altri devono affrontare una situazione ancora più proibitiva. Ci sono colleghi malati, intubati, interi reparti in difficoltà.

Cosa possono fare le istituzioni e i cittadini per aiutare gli operatori sanitari?

La prima cosa è mettere tutti in condizioni di lavorare in sicurezza. Non abbiamo ancora risolto il problema dei dispositivi di protezione individuale, questo comporta scelte dolorose che vanno contro il nostro sentire. Per un medico parlare di monitoraggio telefonico è negare un principio: quello di vedere il malato, parlargli, ascoltarlo. Lo dobbiamo fare per evitare di essere noi diffusori di malattie. L'appello che continuiamo a fare è quello per reperire le mascherine. Servono per non diffondere il virus. E poi bisogna anche che i medici malati vengano sostituti.

I medici di base sono più esposti ai rischi?

I medici ospedalieri sono sottoposti a un impegno tale che non so quanto potranno reggere. Ma anche i medici di base sono provati. I pazienti si ammalano a casa, serve qualcuno che li segua e sappia chi mandare in ospedale e chi no. Dispnea, letargia, pressione arteriosa: sono parametri da monitorare rigorosamente tutti i giorni. L'Ats Brescia ha emanato regole di comportamento, noi chiediamo soluzioni il più possibile condivise. Non è escluso visitare i pazienti, che resta il fondamento della professione, ma oggi si deve fare in sicurezza.

Sono in arrivo rinforzi, tra cui molti medici neolaureati

Noi per primi abbiamo chiesto di assumere gli specializzandi di medicina generale e i neolaureati. Dopo l'abolizione dell'esame di Stato da parte del governo, ora cominceremo ad iscriverli. Ma attenzione: non devono essere mandati allo sbaraglio. Hanno bisogno di essere messi accanto a medici esperti. I ragazzi faranno la parte più umile e impareranno la competenza, l'impegno e il sacrificio necessari. Ma non bisogna dargli responsabilità cliniche che non sono ancora in grado di assumere.

Il presidente lombardo Fontana ha fatto un nuovo appello ai medici in pensione

Solo da noi a Brescia abbiamo 90 volontari, non sono pochi. Alcuni sono in pensione da 15 giorni, altri da molto tempo. Tanti sono tornati in ospedale, non sappiamo nemmeno quanti. È un gesto generoso. Per aiutarli dobbiamo fare una cosa: l'unica medicina contro il covid-19 è stare a casa e rispettare le regole. Abbiamo paura: trasformiamola in attenzione.

Dopo quasi un mese di emergenza la situazione non sembra migliorare. Cosa è andato storto?

Le misure restrittive da noi sono partite con 8 giorni di ritardo rispetto alla Cina. Oggi questi giorni di ritardo pesano. Non lo dico in senso polemico. Chi poteva prevedere, quel primo venerdì mattina, una diffusione di questo tipo? Ci mancano quei giorni, quindi ora impegniamoci ancora più a uscire di casa. Non abbiamo ancora farmaci, non abbiamo altre medicine.

Cosa possiamo imparare da questa tragedia?

Da questi giorni bui dobbiamo trarre un insegnamento: che il sistema sanitario nazionale è un bene prezioso. Quando la burrasca sarà passata ricordiamoci di questi medici che non si riposano mai, che mettono a rischio le loro vite e quelle delle loro famiglie. È l'occasione per capire che il sistema sanitario è un bene più alto, che non deve appartenere alla politica o a una parte politica.

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