Coronavirus, l’ex Arcivescovo di Milano Scola: “Castighi divini non esistono, razionalizzare paura”
Torna a parlare l'ex Arcivescovo di Milano, Angelo Scola, e lo fa per commentare l'emergenza da Coronavirus che sta affliggendo la Lombardia, le regioni del nord e ora anche quelle del sud. "Nel 1576 Milano venne investita dalla peste – ricorda Scola -. La chiamarono peste di san Carlo perché lui la visse in modo differente, senza paura". Con questo esempio, il sacerdote vuole invitare tutti a tornare a vivere le relazioni nonostante la paura di contrarre il virus: donandosi agli altri.
Le parole di Scola: I castighi divini non esistono
Sulle colonne di "Repubblica", Scola ripercorre la sua infanzia, ragionando su eventuali episodi analoghi vissuti. Le "piccole bare bianche dei funerali dei bambini", per via della tubercolosi e della polmonite, sono state un primo piccolo dramma per Scola, ma il riferimento alla fede era una speranza. Nonostante ciò, però, Scola riconosce l'ineluttabilità della paura, data dallo smarrimento dell'Io, ma sottolinea l'importanza di "farla evolvere in modo razionale". L'ex numero uno della arcidiocesi di Milano dice di condividere totalmente la decisione di sospendere le messe in Lombardia e fa un focus sulla comunità, più che sulle ripercussioni economiche che questa potrebbe subire: "Occorre affrontare il tema della rigenerazione della comunità civile. In una società plurale o l'Io vive come relazione o non vive", dice. Poi, la domanda che molti dei fedeli si sono posti e si pongono ogni qual volta che una disgrazia si abbatte sul genere umano: è un castigo divino? "È una visione scorretta, Dio vuole il nostro bene, ci ama e ci è vicino – dice Scola -. Per i cristiani Dio comunica attraverso circostanze e rapporti, dobbiamo portare la paura a un livello razionale", ha poi concluso.