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Como, il giudice a una coppia che si separa: “Il cane non è un figlio”

La gestione dell’animale domestico paragonata a quella di un figlio: sostentamento, spese veterinarie, turni nei week end. Così un giudice ha dovuto ribadire ad una coppia che stava divorziando che un animale domestico non può essere giuridicamente come un figlio, pur riconoscendone l’importanza affettiva e materiale.
A cura di Valerio Renzi
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Un giudice del tribunale civile di Como è dovuto intervenire in una causa per divorzio, per ribadire che "un cane non è come un figlio". È la storia di due coniugi, riportata oggi da il quotidiano la Repubblica, il cui punto centrale nel contenzioso del divorzio è stato proprio la gestione dell'animale domestico, sotto "il profilo sia economico sia relazionale".

Tanto che l'accordo tra i due comprende i turni per tenere l'animale del week end e chi avrebbe dovuto sostenere le spese veterinarie e di sostentamento, in maniera analoga a se fosse un figlio. Il giudice Donatella Montanari ha così ribadito come quel linguaggio riferito ad un animale fosse improprio, utilizzando un lessico che paragonava sul piano del diritto la "relazione genitoriale", alla condizione di essere proprietari di un cane.

Il dispositivo della sentenza, pur sottolineando la differenza tra un figlio e un cane, ribadisce l'importanza che l'animale riveste nella vita della coppia in via di separazione, sottolineando che gli aspetti che lo riguardano "rivestono per i coniugi un particolare interesse che, nella materia negoziale, per risultare meritevole di tutela, non si esaurisce nella sola sfera patrimoniale".

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