Cocquio Trevisago, nel paese che ha anticipato i test solo 2,4% ha anticorpi: “Fase due è rischiosa”
A Cocquio Trevisago, il comune delle provincia di Varese che ha anticipato i test sierologi sulla popolazione, realizzati a metà aprile, la percentuale di sospetti positivi residenti o con attività lavorativa è pari al 2,4 per cento del campione analizzato. Un risultato che da un lato è incoraggiante e dimostra che le misure severe di contenimento adottate hanno evitato la diffusione del coronavirus tra la popolazione (nello stesso comune ci sono quasi cento casi tra dipendenti e ospiti di un centro per disabili), ma dall'altro solleva dubbi sulla fase due. Se infatti la percentuale di popolazione immunizzata è così bassa, il rischio di una nuova ondata di epidemia in questi territori non è da sottovalutare.
Test sierologici, a Cocquio Trevisago solo il 2,4% ha gli anticorpi
Nel corso dello screening sierologico a Cocquio Trevisago sono stati sottoposti a test 1094 soggetti (su una popolazione di meno di 5mila persone), di cui 847 residenti e 247 persone con attività lavoratori nel territorio comunale. "I soggetti con incremento anticorpale risultano essere, dalle valutazioni riportate dal laboratorio, 22" oltre ad altri cinque cittadini già risultati positivi al tampone, si legge in una nota. "La percentuale di sospetti positivi risulta quindi pari al 2,4 per cento del campione analizzato". L'Ats in parallelo ha confermato il focolaio nella struttura per disabili ‘Sacra Famiglia'. Su 102 ospiti della Rsd 102 sono positivi al Covid19, oltre a 11 dipendenti (su 40) e ad altre 3 persone tra i parenti dei lavoratori.
Il sindaco: Lockdown ha funzionato, fase due rischiosa
I risultati dei test sierologici (che non forniscono un “patentino di immunita”) sono stati comunicati ai soggetti positivi e all'Ats Insubria. Il sindaco Danilo Centrella sottolinea che i dati possono essere letti in due modi. Da un lato è positivo l'effetto di contenimento del lockdown, delle sanificazioni e delle restrizioni. "Ma c'è anche un fattore negativo, perché in una fase due i paesi come il mio devono stare molto attenti", rileva il primo cittadino, che è anche medico.
"Proprio perché ancora pochi soggetti sono venuti in contatto con la patologia virale, come amministratori riteniamo che vi sia la necessità che venga aumentato il supporto del sistema sanitario territoriale, per evitare il rischio che durante la fase 2 il grande numero di soggetti non ancora positivizzati possa incorrere nel contagio senza un solido apparato che permetta il trattamento domiciliare, evitando quindi le criticità del recente passato", spiega Centrella, "il distanziamento sociale e l’uso dei sistemi di protezione saranno fondamentali per scongiurare nuovi contagi in una comunita’ dove solamente una piccola percentuale di soggetti ha dimostrato un incremento dei livelli anticorpali".