Cinquant’anni di Lombardia, tra sogni di autonomia mai avverati e un presente incerto
Ricorre quest'oggi il cinquantesimo anniversario della costituzione della Regione Lombardia intesa come istituzione per decentrare il potere politico del governo centrale di Roma. Dalla sua fondazione, la Regione ha attraversato diversi periodi concitati, sino ad arrivare ai giorni nostri, con un passato dimenticato e un presente incerto causato dai dubbi e dalle critiche mosse all'attuale Giunta per la gestione dell'emergenza sanitaria che l'ha travolta. Con oltre 16.000 morti, infatti, la Lombardia risulta essere la regione più colpita d'Italia, nonostante l'eccellente sistema sanitario che, negli anni, ha subìto una sempre più costante privatizzazione.
Sembrano ormai lontani nel tempo gli anni in cui l'allora Lega Nord guidata da Umberto Bossi raccoglieva consensi tra i cittadini lombardi, e non solo, con un progetto politico tanto semplice quanto utopico: chiedere la secessione dalla Repubblica Italiana, dimenticando però che la grandezza della Lombardia è andata via via costruendosi negli anni non solamente grazie a chi vi è nato. Un concetto basato sulla differenza economica che tracciava un solco netto tra le regioni più industrializzate del nord Italia da quelle del sud. Come, d'altronde, ha ricordato anche oggi il presidente lombardo Attilio Fontana nella celebrazione della ricorrenza: "Tanti sono i ricordi che, da Presidente del Consiglio regionale prima e della Giunta poi, mi legano a questa istituzione, divenuta simbolo del lavoro e del progresso in Italia e in Europa", ha dichiarato il governatore in Aula a Palazzo Pirelli a Milano.
Col tempo, però, il ragionamento politico della Lega Nord, travolta anche dagli scandali legati a Bossi e a suo figlio e ai 49 milioni di euro sottratti agli italiani, ha cambiato rotta, complice anche l'avvicendamento di esponenti di correnti diverse alla sua guida. Con Matteo Salvini, attuale leader del partito, infatti, si è passati da un passato secessionista e anti meridionale ad un concetto di unità d'Italia che ancora oggi continua a far storcere il naso. Sia a chi da sempre è stato preso di mira dal movimento padano, sia da chi, padano di nascita, non si riconosce in un'idea d'Italia perché legato ancora al pensiero di chi aveva fondato il partito. Lo strappo si è poi consumato anche con l'ex governatore Roberto Maroni, che nell'autunno del 2017 aveva proposto un referendum consultivo per chiedere maggiore autonomia dal governo allora guidato da Paolo Gentiloni. Alle urne si presentò circa il 40 per cento degli elettori, votando per la maggior parte favorevolmente, ma le trattative col governo si spensero presto e restano tuttora bloccate. Ma, arrivando ai giorni d'oggi, pare esserci ancora una discrasia tra la guida regionale di Attilio Fontana e la guida del partito Matteo Salvini, col primo cerca di tenere insieme due lati di una stessa medaglia che non si guarderanno mai e il secondo che pare abbia abbandonato definitivamente le sue origini.
L'Amministrazione regionale attuale, comunque, votata da oltre tre milioni di persone alle scorse elezioni, sta affrontando un periodo complicato così come la terra che governa. Lo tsunami Covid che ha strappato alla vita migliaia di persone e le indecisioni del suo assessore al Welfare Giulio Gallera, insieme agli esponenti della Giunta e al suo presidente, hanno contribuito ad accrescere il malumore all'interno della cittadinanza, mostrando il lato fragile di un sistema sanitario rivoluzionato per favorire i privati. Nel corso del suo intervento, poi, il presidente Fontana ha dichiarato che "il complesso momento storico che stiamo vivendo può rappresentare una valida occasione per dare nuovo impulso all'istituzione regionale e immaginare scenari sui quali impegnare energie culturali e politiche". Ma la connessione tra Fontana e il pensiero leghista degli anni '90, certamente ridimensionato, torna ad emergere quando il governatore specifica che "il rafforzamento della dimensione regionale – attraverso il riconoscimento dell'autonomia richiesta a gran voce dal popolo lombardo – potrà contribuire ad accrescere le opportunità della nostra Nazione che necessita, ora, di un nuovo slancio e di una importante stagione di riforme".
Ed è lo stesso Fontana che, inevitabilmente, torna a parlare della marea Covid che ha messo in seria crisi la Regione più industrializzata d'Italia, il cui Pil è superiore a qualsiasi altra realtà regionale: "Due sono gli imperativi categorici cui non possiamo sottrarci – ha detto il governatore -. Il primo riguarda il nostro sistema sanitario regionale, che intendiamo rafforzare ulteriormente. La Lombardia è sempre stata un modello per tutto il Paese in questo ambito: tuttavia, l'esperienza della pandemia ci insegna che possiamo, che dobbiamo, fare ancora meglio. Il secondo aspetto da non tralasciare riguarda le conseguenze economiche e sociali che l'emergenza sanitaria ha prodotto, con il rischio di nuove marginalità e povertà". E, proprio per i dati del Pil annui prodotto dalla Lombardia, Fontana ribadisce che "non c'è uscita credibile dalla crisi per l'Italia senza un ruolo centrale della nostra regione e del suo sistema produttivo, essenziale anche per il funzionamento del Terzo Settore. Il coraggio e lo spirito di abnegazione della Lombardia saranno il motore per la ripartenza dell'Italia intera". Anche se il dramma vissuto negli ultimi mesi e le polemiche per la sua gestione potrebbero aver minato irrimediabilmente la fiducia nella sua Giunta. Perché se è vero che la Lombardia ha meriti inscalfibili, è altrettanto vero che la Regione merita una guida sicura. Cosa che, ad oggi, non pare essere garantita.