Cesare Battisti, parla Alberto Torregiani: “Sono pronto a un confronto pubblico con lui”
È il 16 febbraio 1979 quando un commando dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo) composto da Giuseppe Memeo, Sebastiano Masala e Gabriele Grimaldi, fa irruzione nella gioielleria di Pier Luigi Torregiani a Milano. I tre vogliono punire Torregiani per aver ucciso un rapinatore in un ristorante, sparatoria in cui rimase ucciso anche un avventore e ci furono diversi feriti. Colpendo Torregiani vogliono colpire chi si vuole fare "giustizia da solo", facendo colpo magari sugli ambienti della piccola criminalità o nel milieu dei giovani sottoproletari della città. Colpito mentre prova a reagire all'aggressione, Torregiani cade e dalla sua pistola esplode un colpo che ferirà il figlio Alberto costringendolo per il resto della vita su una sedie a rotelle.
Pur venendo scagionato per l'omicidio di Torregiani, Cesare Battisti è stato condannato per essere uno degli ideatori dell'azione. Per questo in questi lunghi decenni è stato proprio Alberto Torregiani la figura più instancabile nella battaglia per l'estradizione dell'ex membro dei Pac, che ha sempre rifiutato ogni addebito non solo sull'omicidio del gioielliere milanese ma su tutti i fatti di sangue a lui ascritti.
Oggi Fanpage.it ha incontrato Alberto Torregiani, arrivato all'ultimo atto della sua lotta per l'estradizione dell'ex terrorista, prima dalla Francia e poi dal Brasile. E proprio Torregiani conferma che la notizia della cattura è arrivata proprio nel momento in cui la speranzanza sembra persa: "Mi sono svegliato e ho visto tutti quei messaggi, tutte quelle telefonate, ho detto ‘ci sarà qualcosa di strano'. Poi ho letto bene e mi dico ‘è successo veramente'. In quel momento sono rimasto basito. Siamo passati dalla mancanza di speranza a ottenere quello per cui per così tanti anni abbiamo lottato".
“Se credevo che ormai l'estradizione fosse impossibile? La preoccupazioni in questo periodo c'è stata, dopo tutte le volte in cui siamo stati a un passo dalla giustizia e ogni volta ce lo siamo visti scappare. Ogni volta accumulavi rabbia e tensione. Fortunatamente qualche volta si scaricavano con il tempo. L'ultima volta due mesi fa: sei a un passo dal prenderlo e lo lasci scappare, è stato davvero il colmo. Svegliarsi un mattino e sentirsi dire ‘lo abbiamo preso lo portiamo in Italia” ha cambiato tutto questo".
"La vita deve andare avanti", dice Alberto, che in questi anni non si è occupato solo del caso di Battisti, ma ha sostenuto le battaglie di molti altri familiari delle vittime per vedere assicurati alla giustizia i responsabili del loro dolore, e da qualche tempo si occupa di diritti dei disabili con la FAPI – FondAzione Piano Invalidi che si occupa della rimozione delle barriere architettoniche. Ma inevitabile che la testa tornì lì, a quel giorno in cui la sua vita è cambiata: “Fra un mese saranno 40 anni dalla morte di mio padre e io da 20 anni conduco questa battaglia e tutti i giorni rivivo quei fatti. Mi porto dietro il segno, e non è una cicatrice, è una carrozzina che mi porta in giro,che al mattino e alla sera mi permette di muovermi, e sono i dolori alle gambe e alla schiena. Quando ti trovi davanti ai tuoi concittadini che sanno chi sei, non è piacevole, questo fa male, vuoi scappare”
E Alberto Torregiani non ha mai avuto dubbi sulla colpevolezza di Battisti? “Beneficio del dubbio e e certezza non ne ho mai avute. Non sono io che l'ho giudicato. L'unica cosa certa è che del gruppo che ha ucciso mio padre lui ne faceva parte. Il fatto di essere innocente c'è chi lo sostiene perché la storia era basata su Battisti-Torregiani. Lui prendeva forza da questo, perché i media dicevano che Battisti aveva sparato a Torregiani ma questo è falso, non è mai successo, perché lui non era presente. Lui però era il mandate e questo però non lo solleva dalle sue responsabilità".
Arrivato al termine della sua lunga battaglia ribadisce quanto detto già in passato: nessun problema a un confronto con l'uomo che con così tanta forza ha voluto vedere consegnato alle patrie galere “L'ultima cosa che mi preoccupa è un confronto, l'ho già avuto anche con altri personaggi. – spiega – Se questo può servire a dare delle risposte non solo a noi familiari ma a tutte le persone intorno a noi, che hanno bisogno di capire bene, di sciogliere tutti i lati oscuri di questa vicenda non ho problemi a farlo. Io ci sono se lui volesse”.