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Busto Arsizio, Giovani Padani danno fuoco a fantoccio della Boldrini

Il coordinamento federale si dissocia subito: “Provvederemo a emanare provvedimenti disciplinari verso i responsabili”. Oltre alla Boldrini, ignoti hanno anche raffigurato Gentiloni e Trump tra i fantocci da bruciare in piazza.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Il falò in piazza a Busto Arsizio. [Foto da Facebook]
Il falò in piazza a Busto Arsizio. [Foto da Facebook]

Una Festa della Giöbia davvero singolare quella vissuta a Busto Arsizio: durante la tradizionale festa popolare, infatti, il Movimento Giovani Padani della Lega ha dato fuoco ad un fantoccio raffigurante la presidente della Camera, Laura Boldrini.

La sua effigie, con fotografia corredata da slogan contro le politiche migratorie, è stata data alla fiamme in piazza nel comune varesotto, assieme ad altri fantocci rappresentati altri politici: il presidente del consiglio, Paolo Gentiloni, ed il presidente degli Stati Uniti d'America, Donald Trump. Ma questi ultimi due non è chiaro se siano stati allestiti sempre dai Giovani Padani oppure da altre persone.

Il Movimento dei Giovani Padani ha però subito preso le distanze dal gesto. "Il coordinamento federale del Movimento Giovani Padani si dissocia", si legge su un comunicato pubblicato su Facebook, "nella maniera più assoluta rispetto a quanto accaduto questa sera nella piazza di Busto Arsizio (Varese). Il Movimento Giovani Padani contrasta le pessime politiche del governo con la sola forza delle idee, non con atti di violenza. Il coordinamento, preso atto di quanto accaduto, provvederà a emanare provvedimenti disciplinari verso i responsabili", conclude la nota.

Una festa antichissima

La Festa della Giöbia è molto popolare nel nord-ovest d'Italia e risale a tempi antichissimi. Si tratta infatti di una tradizione religiosa tipicamente alpina risalente ai tempi in cui, tra Piemonte, Lombardia e Canton Ticino, viveva la tribù celtica dei Leponzi, le cui città principali erano l'antica Oscela (oggi Domodossola) e Bilitio (oggi Bellinzona). Inglobati prima dagli Etruschi e poi dai Romani, che la includeranno nella provincia della Gallia Cisalpina (lo stesso nome di Domodossola deriva dall'antico Oscela, che i romani chiamarono Oscela Lepontorum, da cui il volgare Oxilia, cui fu aggiunto "Domus", ovvero "Duomo" per la presenza di una chiesa collegiata. Da lì, dal medioevo, nacque l'attuale forma, passando da Domus Oxile, Domus Ossile, Duomo d'Ossola, Domo d'Ossola e l'odierno Domodossola, che dunque ha conservato sia il termine latino che quello originario celtico), i popoli che vivevano in zona conservarono comunque le proprie tradizioni, nonostante il successivo avvento del Cristianesimo.

Originariamente, la Festa della Giubiana ricorreva (come oggi) nell'ultimo giovedì del mese di gennaio, quando venivano accesi dei grandi falò nelle piazze e veniva bruciata la Giubiana, un grande fantoccio di paglia vestito di stracci. Con l'affermarsi del Cristianesimo, la festa non scomparve ma ne cambiò (in parte) il significato: se il rogo antico aveva uno scopo propiziatorio per "scacciare" via l'inverno, con l'avvento del Cristianesimo il fantoccio iniziò a raffigurare una strega, da "scacciare" insieme ai rigori dell'inverno stesso. Invariato invece il falò, rimasto tradizionale. Sebbene la "presenza" di alcuni politici abbia trasformato la festa di quest'anno in una polemica.

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