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Busto Arsizio, bambini costretti a vivere in una fabbrica senza finestre

A Busto Arsizio, in provincia di Varese, l’Ispettorato del lavoro ha scoperto una fabbrica tessile clandestina, gestita da un cinese, che impiegava lavoratori in nero. I dipendenti clandestini vivevano all’interno della struttura, senza finestre e con un impianto elettrico non a norma, insieme ai loro figli piccoli. Il titolare è stato denunciato e la fabbrica sequestrata.
A cura di F.L.
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La loro casa era una fabbrica clandestina con le finestre che non si potevano aprire, muri di cartone e un impianto elettrico non a norma. Alcuni bambini cinesi residenti a Busto Arsizio, in provincia di Varese, erano costretti a vivere così. Non se la passavano meglio i loro genitori che, oltre a viverci, in quella stessa fabbrica lavoravano in nero, anche per 15 ore al giorno e senza riposo giornaliero o settimanale.

Busto Arsizio, bambini costretti a vivere in una fabbrica senza finestre

A mettere fine allo sfruttamento, come spiega il quotidiano La Repubblica, è stato un blitz dell'Ispettorato del lavoro di Varese, che la notte del 23 settembre scorso insieme a carabinieri e Asl ha fatto irruzione nello stabilimento, di proprietà di un italiano ma gestito da un cinese. All'interno si trovavano 11 lavoratori cinesi, di cui sei irregolari e con i figli al seguito. Adesso il titolare dell'attività, un'azienda tessile, è stato denunciato a piede libero per occupazione e sfruttamento di lavoratori clandestini e violazione di norme in materia di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro. Dovrà pagare 60mila euro di multa, oltre a 40mila per il lavoro in nero. Per i lavoratori clandestini, oltre al danno, è scattata la beffa della denuncia. La fabbrica è stata invece sequestrata.

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