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Bergamo, scoperta maxi frode fiscale da 16 milioni di euro: in manette tre imprenditori e un avvocato

Tre sono imprenditori residenti in provincia di Bergamo e Brescia, e un avvocato ungherese sono stati arrestati nell’ambito dell’operazione “Cash River”, condotta dalla guardia di finanza di Bergamo che ha un’associazione a delinquere, transnazionale, dedita all’emissione di fatture per operazioni inesistenti utilizzate da numerose imprese italiane per evadere il Fisco. L’ammontare della frode fiscale è stato quantificato ad oggi in oltre 16 milioni di euro.
A cura di Chiara Ammendola
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Quattro le persone arrestate nell'ambito dell'operazione "Cash River" condotta dai militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Bergamo che ha portato alla luce una maxi frode fiscale da 16 milioni di euro: si tratta di tre imprenditori, residenti in provincia di Bergamo e Brescia, e un avvocato ungherese che, in virtù delle proprie competenze in materia economico giuridica si è adoperato per la costituzione delle società estere e l’apertura dei conti correnti. I quattro sono ritenuti i principali esponenti di un'associazione a delinquere, transnazionale, dedita all’emissione di fatture per operazioni inesistenti utilizzate da numerose imprese italiane per evadere il Fisco. Avrebbero creato e gestito una fitta rete di società cartiere, 21 per il solo anno 2018, con sede dichiarata in Milano, Cagliari, Parma, Roma, Bergamo e all’estero, intestate a prestanome ed utilizzate al solo scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti destinate ad aziende compiacenti del Nord Italia.

Come funzionava la frode fiscale

Il “sistema criminale”, come lo ha definito il gip, è stato dettagliatamente ricostruito: prevedeva il pagamento delle fatture false con bonifici che, dopo diversi passaggi, affluivano su conti correnti esteri intestati a società con sede nei Paesi dell’Est Europa, tutte riconducibili agli indagati. I soldi illeciti così creati principalmente in Croazia, Ungheria e Bulgaria venivano prelevati in contanti da corrieri incaricati di trasportare il denaro in Italia nascosto in ingegnosi doppi fondi realizzati sulle loro auto. Il denaro veniva quindi restituito agli stessi clienti che avevano pagato le false fatture, al netto del 5%, ossia il prezzo pattuito per usufruire della frode. In questo modo, gli imprenditori che hanno utilizzato l’illecito meccanismo si sono potuti avvantaggiare doppiamente, da un lato evadendo le imposte, per effetto dell’annotazione in contabilità di costi inesistenti, dall’altro creandosi provviste di contanti in nero, ottenute con la restituzione del denaro versato alle società cartiere. L’ammontare della frode fiscale è stato quantificato ad oggi in oltre 16 milioni di euro, ma il dato è parziale in quanto le indagini sono in corso.

A tre degli arrestati, un trentasettenne originario della provincia di Salerno, una quarantatreenne milanese e un trentenne Bergamasco, dopo le prime parziali ammissioni, il gip ha concesso gli arresti domiciliari. Il professionista ungherese invece è tutt’ora detenuto nel carcere di Bergamo. Ai principali artefici del sodalizio la Procura ha contestato l’aggravante della trasnazionalità, avendo gli indagati costituito un gruppo criminale organizzato per commettere reati in uno Stato, ma con una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione ed esecuzione in altro Stato estero.

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