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Anno giudiziario, Canzio: “La mafia ha occupato il Nord”

A Milano la relazione del presidente della Corte d’appello: i giudici costretti a lavorare in “un clima ingiustificato di delegittimazione o addirittura dileggio”. E “l’audizione di Napolitano sulla Trattativa Stato-Mafia poteva essere evitata”.
A cura di Biagio Chiariello
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La presenza mafiosa al Nord deve "essere ormai letta in termini non già di mera infiltrazione, quanto piuttosto di interazione-occupazione". E’ l’allarme lanciato dal presidente della Corte d'appello di Milano, Giovanni Canzio, nella relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Canzio ha fatto ai processi contro la ‘ndrangheta in Lombardia, come quello ‘Infinito', che si è concluso in Cassazione "con centinaia di condanne a secoli di carcere". Ma poi ammette che “nel distretto milanese e in vista di Expo 2015, lo Stato è presente e contrasta con tutte le Istituzioni l'urto sopraffattorio della criminalità mafiosa – afferma -, garantendo, nonostante la denunciata carenza di risorse nel settore giudiziario, la legalità dell'agire e del vivere civile".

 "Il fiorire di iniziative imprenditoriali collegate allo straordinario evento di Expo 2015 – chiarisce Canzio – lasciano presagire che per la criminalità organizzata si aprano, insieme con nuove e più ricche opportunità, impreviste criticità, a causa del conflitto latente fra le originarie regole delle ‘ndrine e i più ampi orizzonti di profitto".

Il presidente della Corte d'appello di Milano riconosce pure come oggi "si assista al progressivo rafforzamento delle strategie investigative e degli strumenti di prevenzione". Canzio sottolinea come "non si fermano le indagini e gli arresti, si applicano misure di prevenzione patrimoniale su immobili e aziende, si annoverano circa 70 interdittive antimafia del prefetto di Milano a carico di società impegnate in lavori per l'Expo".

"L'opinione pubblica ha espresso sentimenti di diffusa indignazione per le recenti decisioni di proscioglimento, pronunciate in taluni casi dalle Corti di appello e dalla Corte di cassazione (Cucchi, Berlusconi, gli scienziati e il sisma aquilano, Eternit)".

Tutti questi processi terminati con assoluzioni hanno "suscitato clamore", dice Canzio, e "occupato le prime pagine dei media, essendosi comunque ravvivata una frattura fra gli esiti dell'attività giudiziaria e la sete di giustizia delle vittime, rimasta inappagata, a prescindere da ogni valutazione di merito circa la correttezza, o non, delle soluzioni adottate". Sempre secondo Canzio, "la credibilità complessiva del sistema è stata messa in discussione per il solo fatto che le decisioni apparivano impopolari, senza che si avviasse, come pure sarebbe stato necessario, una riflessione sulla complessità dei fatti e delle prove, sui principi del diritto penale, sulle regole di garanzia del processo e sulla funzione di controllo delle impugnazioni”.

Canzio: "Audizione Napolitano si poteva risparmiare"

Il presidente della Corte d'appello di Milano ha parlato anche dell’audizione dell’ormai ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano da parte dei giudici di Palermo nell'ambito del processo sulla cosiddetta ‘trattativa Stato mafia'. "E' mia ferma e personale opinione che questa dura prova si poteva risparmiare al capo dello Stato, alla magistratura stessa e alla Repubblica Italiana", ha detto. . Canzio ha poi rivolto a Napolitano “un augurio deferente e affettuoso” per una persona di cui “abbiamo ammirato nell’esercizio del suo difficile mandato, il rigore morale e intellettuale, a difesa dei valori costituzionali della Repubblica Italiana”. E ha aggiunto: “Sento il dovere di rendere onore alla sua persona per avere, con equilibrio e saggezza, saputo salvaguardare la tenuta delle prerogative presidenziali insieme con i valori di indipendenza e autonomia della magistratura, tenendo la barra dritta sul crinale davvero impervio della sua recente audizione, nel palazzo del Quirinale, da parte dei giudici della Corte di Assise di Palermo“.

Il passaggio sui giudici dileggiati

I giudici che "pure in condizione di stressante impegno lavorativo e talora in un clima ingiustificato di delegittimazione o addirittura dileggio, dimostrano spirito di sacrificio, senso del dovere, equilibrio, riservatezza". E' un altro passaggio della relazione del presidente della Corte d'appello di Milano, Giovanni Canzio, per l'inaugurazione dell'Anno giudiziario.

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