Abusata a 14 anni da una suora, l’amica di Eva: “Subiva per proteggere gli altri ragazzini”
Monica Guanzini è l'amica che per ultima ha visto Eva Sacconago prima che si togliesse la vita la mattina del 22 giugno 2011 e la fondatrice dell'associazione dedicata a Eva, che si occupa di recupero dei minori.
Perché si è uccisa Eva?
Si è tolta la vita perché era stanca di subire le violenze di suo Faré, non ci sono dubbi.
Tu eri con lei quella sera?
Sì, era in lacrime, schiacciata dal controllo che la suora aveva preso sulla sua vita. Piangeva disperatamente, ma non era la prima volta purtroppo. Quella sera rimasi con lei finché non mi sembrò che stesse meglio, dopo averle promesso che l’avrei accompagnata passo dopo passo nel percorso di denuncia che stava per intraprendere. Me ne andai quando pensai che stesse bene, in mano aveva il computer, nell’altra una corda. Non ci badai, usiamo spesso le corde per i lavoretti all’oratorio, invece.
Il giorno dopo ricevesti la notizia del suo suicidio.
Alla luce di quella terribile notizia, improvvisamente acquistarono senso le parole dette da Eva la sera prima: “Ora devi essere tu a raccontare la verità”. E sono andata in commissariato.
Hai fatto quella denuncia che la stessa Eva non aveva avuto la forza di fare.
Sì. Ho raccontato della presenza nella sua vita di suor Maria Angela Faré, gli abusi sessuali che l’ha costretta a subire quando era adolescente, le continue vessazioni.
E sono scattate le indagini
Hanno disposto una perquisizione domiciliare in casa di Eva e lì hanno trovato un mondo: 15 anni di lettere, mail, video, diari. Tutto il sistema di manipolazioni e ricatti psicologici messi in atto dalla suora per tenere Eva legata a sé.
Era stata Eva a confidarti la sua storia.
Sì. Mi ha anche spiegato l'assurdo motivo per cui non era riuscita a sottrarsi. "Finché ha me – diceva Eva – non toccherà nessun altro". Si riferiva ai ragazzi dell'oratorio, era convinta di ‘salvarli' con il suo sacrificio.
La storia di Eva è oggi ritornata alla ribalta delle cronache grazie al programma ‘Un giorno in pretura', che ha mandato in onda stralci del processo che ha condannato suor Faré (ora ridotta allo stato laicale) a tre anni di carcere. Tu eri sei stata ascoltata?
Sì e ho a mia volta ‘ascoltato' quello che dicevano di Eva. La mia amarezza è che Eva sia stata dipinta come una persona fragile e debole, ma Eva era forte. Lavorava, si occupava delle attività dei ragazzi all'oratorio, dormiva poco, era sempre attiva. È vero, non ha mai denunciato, perché temeva il tribunale (sociale) che avrebbe condannato lei e non la sua carnefice. A giudicare da come è andata, non aveva torto.