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Roberto Formigoni, per gli inquirenti sei anni di condanna sono troppo pochi

La procura di Milano ha presentato un ricorso contro la sentenza che ha condannato l’ex presidente lombardo, Roberto Formigoni, a sei anni di reclusione. Troppo pochi secondo gli inquirenti, che fanno notare: “La sua capacità a delinquere è altissima”.
A cura di Enrico Tata
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Sei anni di carcere sono troppo pochi per Roberto Formigoni, secondo la procura di Milano. L'ex presidente della Regione Lombardia, sostengono i pm, meriterebbe "una pena significativamente più grave", che gli inquirenti quantificano in almeno sette anni e mezzo di reclusione. La pena di Formigoni, scrive il pm Pedio nel testp del ricorso depositato alla Corte d'Appello, andrebbe aumentata di un anno e mezzo perché i fatti a lui contestati (l'accusa di corruzione) sarebbero gravissimi e dagli atti del processo emergerebbe "la figura di un pubblico amministratore che è disposto sistematicamente a fare mercimonio delle sue funzioni con più soggetti privati". "La sua capacità a delinquere è altissima", fanno notare gli inquirenti. "Quantomeno dal 2006 al 2011 Roberto Formigoni è stato a libro paga della Fondazione Maugeri", scrive ancora il pm Pedio.

Il processo a Formigoni: lo scandalo dei fondi per la Fondazione Maugeri

Nelle oltre 700 pagine delle motivazioni della sentenza, i giudici del Tribunale di Milano hanno ripercorso e  spiegato la vicenda che vede coinvolto Roberto Formigoni: lo scandalo relativo ai fondi per la Fondazione Maugeri di Pavia e l'ospedale San Raffaele di Milano. A fronte delle erogazioni di fondi per i due ospedali, Formigoni avrebbe percepito almeno sei milioni di euro, pagati tra il 2006 e il 2011 dal faccendiere Pierangelo Daccò e dall'ex assessore regionale Antonio Simone. Tale denaro, hanno spiegato i giudici, garantiva al Celeste "vacanze in località esclusive, disponibilità di imbarcazioni di lusso, uso di dimore di pregio, un altissimo tenore di vita, cene di rappresentanza e viaggi su aerei privati sono del tutto esorbitanti in un qualsiasi normale rapporto di amicizia". Le utilità, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza, "trovano, viceversa, sotto il profilo quantitativo e temporale, una logica spiegazione proprio nella remunerazione che i privati riconoscono al pubblico ufficiale quale corrispettivo al mercimonio delle funzioni".

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