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Domenico Maurantonio era da solo quando precipitò e morì: archiviata l’inchiesta

A poco più di due anni dalla morte di Domenico Maurantonio, studente padovano deceduto a Milano mentre era in gita con la sua scuola, un giudice milanese ha archiviato l’inchiesta sulla vicenda. Secondo il magistrato il 19enne era da solo quando precipitò da un hotel di Bruzzano, perdendo la vita: si è trattato di una caduta accidentale.
A cura di Francesco Loiacono
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Domenico Maurantonio
Domenico Maurantonio

Domenico Maurantonio era da solo quando precipitò da un hotel di Milano. Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari di Milano Paolo Guidi, che ha archiviato l'inchiesta sulla morte dello studente padovano, deceduto nel capoluogo lombardo la mattina del 10 maggio 2015. A poco più di due anni da quella tragedia, di cui si occuparono i mezzi di informazione di tutta Italia, arriva la parola fine sulla vicenda. Almeno per la giustizia italiana si è trattato di un fatto accidentale: Domenico era da solo quando precipitò dal quinto piano dell'hotel Da Vinci di Bruzzano, dove si trovava in gita assieme ai compagni di scuola del liceo scientifico Ippolito Nievo di Padova.

Il legale della famiglia Maurantonio si era opposto all'archiviazione

La richiesta di archiviazione dell'inchiesta aperta per omicidio colposo a carico di ignoti era stata presentata dai pubblici ministeri che hanno indagato sul caso, Alberto Nobili e Giancarla Serafini. Il legale della famiglia del ragazzo, Eraldo Stefani, si era però opposto alla richiesta chiedendo di indagare ancora su sei compagni di classe di Domenico. Proprio sui compagni, e sulla loro presunta omertà rispetto a ciò che era accaduto nei corridoio dell'albergo, si erano in principio accesi i riflettori di alcuni mezzi di informazione: non erano mancate le accuse più o meno esplicite rivolte ai ragazzi, risultati estranei alla tragedia.

Secondo la difesa, addirittura, proprio alcuni compagni di classe avrebbero sollevato per gioco Domenico tenendolo appeso per le gambe a testa in giù fuori dalla finestra, rendendosi dunque indirettamente responsabili della sua morte. A sostegno della propria ipotesi il legale aveva presentato una ponderosa consulenza, i cui risultati erano però opposti a quelli di un'altra consulenza disposta dai pm. Viste le incongruenze tra le due consulenze i pm avevano chiesto al gip una perizia. La richiesta è stata però respinta e gli atti restituiti alla Procura, che aveva chiesto l'archiviazione.

La tragedia per una serie di sfortune

Secondo il giudice non c'è alcun elemento che porta a ritenere che ci fossero altre persone con Domenico tra le 5 e le 6.30 del 10 maggio 2015, quando è caduto: nessun cliente dell'albergo ha parlato di rumori. Per il gip Domenico, che non stava bene quando si era messo a letto perché aveva bevuto molto con gli amici, si svegliò in preda ai dolori e in stato confusionale e, forse per prendere un po' d'aria o per errore (non indossava gli occhiali da vista), si ritrovò in corridoio anziché nel bagno interno alla camera. Nel corridoio, dove ha lasciato molte tracce di feci, aprì una finestra per prendere aria e precipitò con la testa verso il basso.

La richiesta di archiviazione dei pm, di 105 pagine, contiene i risultati di una serie di consulenze (una cinematica sulla caduta, una medico legale gastroenterologica, una genetica redatta dal professore Marzio Capra), intercettazioni telefoniche e ambientali, gli interrogatori dei compagni di classe (di cui sono stati analizzati anche i messaggi Whatsapp), verifiche sui badge di ingresso e uscita dalle stanze. Per il giudice non c'è alcun altro aspetto della vicenda che merita approfondimenti. In merito alle ipotesi avanzate dal legale della famiglia Maurantonio, la analisi hanno dimostrato come sulle gambe di Domenico non vi fossero né segni di afferramento né tracce di Dna: nessuno lo ha tenuto per le gambe. L'unica traccia di Dna è stata trovata su una mano ed è giudicata irrilevante. Priva di consistenza anche l'altra ipotesi del legale di parte civile, e cioè che qualcuno avesse spostato il cadavere di Domenico. Il corpo colpì un gradino nella caduta e rimbalzò più avanti. E i segni trovati sull'avambraccio destro, stando ad una consulenza dell'anatomopatologa Cristina Cattaneo, sono dovuti al fatto che il braccio nella caduta colpì il rubinetto di un idrante.

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