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Vigevano, ricatto a “luci rosse” in chat

Tre ragazzi del Comune in provincia di Pavia sono stati adescati e poi convinti a spogliarsi in chat davanti alla webcam. Poi però sono stati ricattati con la minaccia di far finire le loro immagini intime sul web. Le vittime hanno pagato somme tra i 3 e i 7mila euro prima di denunciare l’accaduto ai carabinieri, che temono che altri possano essere stati ricattati.
A cura di Francesco Loiacono
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Si chiama “sextorsion” ed è un fenomeno che, complici la diffusione sempre maggiore di social network e programmi di videomessaggistica tipo Skype colpisce sempre più persone, soprattutto uomini. Ne sanno qualcosa tre abitanti di Vigevano, in provincia di Pavia, ultime vittime di un ricatto a sfondo erotico portato avanti a distanza. I tre, due studenti di 23 anni e un pizzaiolo di 31, sono stati adescati in una chat da ragazze avvenenti e disinibite. Prima le chiacchiere, lo scambio di fotografie, e poi la richiesta di proseguire la conversazione tramite webcam, su Skype. Qui, la temperatura della chiacchierata si è alzata notevolmente. Le ragazze si sono spogliate e hanno invitato i tre a fare altrettanto, invitandoli a fare con loro giochi erotici davanti alla webcam. Peccato però che stessero registrando, a insaputa dei ragazzi, tutto quello che avveniva sullo schermo.

Il meccanismo della trappola è divenuto evidente quando le ragazze hanno iniziato a ricattare i giovani, estorcendogli somme di denaro con la minaccia di pubblicare le loro immagini intime sul web, in siti popolari come Youtube. I ragazzi hanno pagato, da 3 a 7mila euro, convinti anche da false mail inviate dai loro ricattatori. All'interno di questi messaggi, con loghi dell'Interpol, dell'Fbi o della Cia, accuse molto pesanti: pedofilia. In realtà, però, era tutto falso. Dopo aver ceduto all'estorsione, i tre ragazzi hanno trovato il coraggio di rivolgersi ai carabinieri, ai quali hanno raccontato l'accaduto. Gli investigatori hanno appurato che il denaro, versato dalle vittime attraverso una società internazionale specializzata nel traferimento monetario, sarebbe finito nella disponibilità di persone residenti in Costa d'Avorio. Le indagini per capire chi abbia ideato l'estorsione proseguono, anche se i carabinieri temono che, oltre ai 3 ragazzi che hanno denunciato il ricatto, ve ne possano essere tanti altri che hanno pagato o continuino a pagare in silenzio.

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